È triste e doloroso pensare alle donne uccise dai loro uomini, ma io credo che qualcuna di loro avrebbe potuto fare qualcosa per evitarlo.
Violenza sulle donne? Non sempre: dal sesso al processo il passo è breve
Basta che si incontrino un uomo noto, ricco, o potente, e una donna in cerca di visibilità o di denaro. So che mi attirerò gli strali avvelenati delle femministe e di chiunque protegga le donne solo perché sono donne. Non mi interessa assolutamente niente: nel 2020 le donne hanno il dovere di dimostrare, da sole, la loro dignità personale, avendo conquistato la pari dignità giuridica da ormai 45 anni. È una conquista abbastanza vecchia e importante per dover essere opportunamente usata e non trascurata.
So che ci sono ancora donne ignoranti, o incapaci, o davvero troppo deboli, di fronte alla forza bruta degli uomini che hanno incontrato o con i quali, per caso, si sono scontrate. Ma ormai troppo si è fatto in 45 anni, e anche più, per insegnare alle donne che cosa fare e che cosa non fare, come difendersi e come scappare; come non cadere in trappola e come uscire dalle grinfie di chiunque si voglia approfittare di una femmina.
È triste e doloroso pensare alle donne uccise dai loro uomini, ma io credo che qualcuna di loro avrebbe potuto fare qualcosa per evitarlo. Mi fanno schifo gli uomini violenti, gli stupratori, gli approfittatori, gli sfruttatori, ma non considero vittime al 100% le donne che non hanno almeno provato a scappare, il più presto possibile, da questi sciacalli della vita.
Finalmente anche le istituzioni, ora, cominciano a non farsi incantare dal, non sempre sincero e lagnoso, grido di aiuto della vittima. Anche se, purtroppo, mi capita di imbattermi più volte in donne che fingono le aggressioni domestiche e scomodano le volanti, beffandosi di poliziotti generosi e superficiali, pur di liberarsi del marito prima dell’udienza presidenziale di separazione.
Si è parlato troppo, ma anche giustamente, di violenza sulle donne perché le donne più bieche ora non pensino di sfruttare, a loro favore, la compassione che sanno di provocare anche solo evocando l’ipotesi di violenza. Leggevo dell’archiviazione della denuncia di stupro fatta da una ragazza contro un noto calciatore, molto ricco e anche felicemente celebre per la sua virilità. Il PM è una donna, forse perfino femminista; quindi, nessuno potrà mai dire che tratta del solito magistrato antico e misogino che ha favorito l’uomo e mortificato la donna.
Dunque questa ragazza, prima, si è spupazzata il giochino; poi, forse non avendo ricevuto garanzie per il futuro, né denaro, né visibilità da gossip, dopo qualche mese, ha pensato bene di chiedergli del denaro. Ciò al fine di non raccontare al mondo che lui, la sera del loro incontro, non aveva smesso di penetrarla quando lei, a un certo punto, gli aveva detto basta. Se così è stato, perché non è fuggita? Perché non lo ha denunciato il giorno dopo? Perché dopo qualche mese gli ha chiesto denaro? Perché lo ha denunciato solo dopo il rifiuto del danaro?
Già il trascorrere dei mesi, tra il sesso e la denuncia, passando per la richiesta di soldi, mi fa credere, d’istinto e per esperienza, nella mancanza di buonafede di chi “denuncia”. Mi ero già indignata per tutte le assatanate protagoniste del “#MeToo”, come mi sono poi indignata per la sentenza di condanna del produttore che, credo, sia stata l’omaggio non alla verità ma alle aspettative popolari.
Ho già avuto modo di criticare chi sfrutta il sessuomane per motivi di carriera e, poi, vent’anni dopo, lo denuncia. Ribadisco ora che, chi veramente vuole difendersi da un impeto maschile non voluto, ha a disposizione ginocchia, mani e unghie per il doloroso attacco ai genitali dell’orco. Chi denuncia, dopo un po’ di tempo, non è soddisfatto di sé stesso oppure non è soddisfatto di quel poco che è riuscito a ottenere usando come bancomat il culmine delle proprie gambe. Mi domando ancora come ci siano uomini ricchi, famosi o soltanto sposati, che riescono a erigere il loro pezzo forte pur sapendo ormai di diventare ricattabili solo per il fatto, appunto, di essere ricchi, famosi o sposati.
Sarebbe meglio che, prima di reagire al corteggiamento di una femmina, o prima di iniziare loro il corteggiamento, questi uomini si facessero trainare da un “un carro di buoi” meditando su quello che potrebbe succedere loro se scegliessero l’alternativa più lusinghiera. Come tutti gli uomini si dovrebbero vergognare dell’esistenza di loro simili violenti e stupratori, anche tutte le donne si dovrebbero distanziare rigorosamente da qualsiasi loro simile che, con la violenza del vittimismo, sfrutti la nota e circoscritta debolezza del maschio.
Per questa ragazza non è ancora finita: per ora il PM ha solo detto, e non è poco, che non ci sono elementi di prova sufficienti per potere rinviare a giudizio il calciatore. La ragazza può ancora fare opposizione all’archiviazione della denuncia e si vedrà come andrà a finire. Il calciatore però, a sua volta, e giustamente, ha denunciato la ragazza per estorsione. È un’altra procura che se ne sta occupando, con la stessa doverosa attenzione.
Per ora, comunque sia, c’è un autogol. Stiamo a vedere come finirà la partita: alla fine del primo tempo, l’autogol della donna decreta l’1 a 0 per l’uomo. Chissà se ai calci di rigore emergerà la calunnia oltre all’estorsione e, quindi, la vittoria schiacciante dell’uomo per 3 a 0.
Tanto va la gatta al lardo …