di Avv. Flaminia Rinaldi
“Caro avvocato, sono un padre – separato legalmente – di un ragazzo affetto da autismo grave. Mio figlio – invalido civile con diritto all’indennità di accompagnamento ex art. 1 legge 18/80 e benefici della legge 104 del 1992 – compirà 18 anni il prossimo 20 settembre e, per questa ragione, la mia ex moglie ha chiesto al giudice tutelare di essere nominata amministratore di sostegno di nostro figlio. In poche parole dal 20 settembre da affidatario in via condivisa del figlio quale ero, sembra che io non abbia più alcun diritto per la legge. È così?”
Carissimo, il raggiungimento della maggiore età di un figlio disabile, pone numerosi problemi per la famiglia (ancor di più se separata/divorziata) in quanto il figlio acquista la capacità di agire e non è più sottoposto alla responsabilità genitoriale.
Quando la disabilità è grave può accadere che il figlio non sia in grado di compiere da solo alcun atto da solo, né assumere tutte quelle decisioni che la maggiore età gli consentirebbe di fare, come, per esempio, esprimere un voto, conseguire la patente, gestire i suoi risparmi. Dall’altra parte i genitori, senza un provvedimento ad hoc del Tribunale, non hanno più alcun potere su di lui: non possono riscuotere e amministrare, per conto del figlio, il denaro e le indennità; non possono ritirare analisi e referti medici; non possono rapportarsi con il personale sanitario, con il corpo insegnanti; non possono somministrare cure e medicinali etc.
Per questa ragione la richiesta di nomina di un amministratore di sostegno è un atto certamente dovuto, anche a protezione del figlio. Quello che tuttavia Lei potrà fare, è opporsi all’eventualità che sia la sola madre, in via esclusiva, a esercitare il ruolo dell’ADS di Suo figlio, e chiedere di essere nominato Lei amministratore, anche unitamente a Sua moglie.
E, infatti, la possibilità di beneficiare del “sostegno” di entrambi i genitori e quindi di un “doppio” amministratore di sostegno, da un lato soddisfa il diritto alla bigenitorialità del figlio, che potrebbe subire gravi pregiudizi in caso di esclusione del rapporto diretto con uno dei genitori; dall’altro lato realizza anche il diritto dei entrambi i genitori a mantenere il rapporto affettivo, educativo, di sostegno, cura e di gestione con il figlio.
Sebbene la normativa codicistica NON preveda la figura del co-amministratore di sostegno, la giurisprudenza è riuscita, in alcune occasioni, a colmare questa enorme lacuna. Non sono mancati, fortunatamente, provvedimenti di Giudici Tutelari coraggiosi e innovativi che, in casi di comprovata disabilità fisica e psichica dei figli, hanno aderito a questa soluzione, dando ultrattività alla “responsabilità genitoriale condivisa”, anche dopo il raggiungimento della maggiore età.
Il Tribunale di Genova, per esempio, ha motivato la scelta di nominare entrambi i genitori co- amministratori di sostegno, con la necessità di assicurare al figlio il godimento del rapporto affettivo instaurato con entrambi rappresentando, tale soluzione, una ricchezza emotiva indistinta nei confronti dell’uno e dell’altro genitore. E ciò, da un punto di vista pragmatico, anche nell’interesse del beneficiario che, in caso di impedimento di uno dei due genitori, ha a disposizione l’altro genitore che può svolgere le medesime attività.
Dunque, il tutto, con la fungibilità degli incarichi nell’ipotesi di impedimento di uno dei due. Secondo il Giudice, questi casi, delicatissimi, impongono un criterio di interpretazione della legge che vada al di là della sterile applicazione della norma (che, appunto, allo stato non prevede la figura del co-
amministratore) e ciò perché quando il figlio maggiorenne è portatore di un handicap, di particolare gravità, ha diritto a uno speciale accudimento e cure particolari, continuative e permanenti da parte dei genitori; ha bisogno (e diritto) di frequentazioni e rapporti significativi con i parenti; ha bisogno che, entrambi i genitori (e non uno solamente), continuino ad avere diritto a svolgere gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione nel suo interesse.
Questa soluzione, oltre a essere di buon senso, eviterebbe conflitti di interesse e, comunque, l’esautorazione di uno o dell’altro genitore (che, diversamente, diventerebbe un “terzo” estraneo).
Se c’è l’affido condiviso dei figli minorenni e quindi la responsabilità condivisa nel caso di separazione, a maggior ragione tale responsabilità condivisa deve poter proseguire quando il figlio diventa maggiorenne ma non concretamente capace. Che senso ha escludere, improvvisamente, uno dei genitori dalla vita, dalla gestione del figlio? Nessuno. Né logico, né giuridico, né morale. Ferma, eventualmente, l’esigenza di individuare in modo chiaro e senza dubbi interpretativi le funzioni (congiunte e disgiunte) dell’uno e dell’altro amministratore e un distinto campo di intervento per ciascuno. Combatta, senza perdersi d’animo, affinché venga riconosciuto a Lei e a Suo figlio questo sacrosanto diritto.
* Studio Legale Bernardini de Pace