di Dott.ssa Maria Grazia Persico
Non è più permesso pensare di navigare senza alcun controllo nel mondo di internet, che nasconde infinite risorse ma altrettante insidie
“Caro Avvocato, io e mia moglie siamo separati da qualche anno. Sono molto preoccupato perché nostro figlio Gabriele di 13 anni quando è affidato alla mamma trascorre molte ore incollato alla playstation e al computer. Negli ultimi giorni, mi ha parlato di un amico conosciuto online e, dopo qualche ricerca, ho scoperto che ha quasi 25 anni e che si rivolge a mio figlio in modo ambiguo, contattandolo a tutte le ore.“
In base alle statistiche criminologiche, il reato di adescamento di minorenni in rete, introdotto all’art 609 undecies del codice penale con la legge n. 172 del 2012 di ratifica della Convenzione di Lanzarote, ha subito un incremento significativo durante il periodo di lockdown.
Questo tipo di condotta, chiamata anche child grooming, dall’inglese to groom, prendersi cura, consiste nella volontà di carpire, tramite artifici, minacce e/o lusinghe, la fiducia di un minore di sedici anni per poi abusare sessualmente di lui. Si tratta di condotte di seduzione emozionale che hanno lo scopo di intrappolare il minore per soddisfare i propri impulsi sessuali.
Con l’introduzione di questo reato, il legislatore ha inteso rafforzare la tutela del minore, anticipando la condotta penalmente rilevate a un momento precedente; quando il minorenne ancora non ha subito un pregiudizio, ma corre il serio rischio di diventare vittima di un reato di natura sessuale.
È però difficile fotografare e riuscire a ricomprendere in una fattispecie determinata e tassativa il fenomeno del child grooming, che può svilupparsi anche mediante la commissione di fatti neutri o socialmente accettati. L’adescatore sceglie le potenziali vittime facendo delle ricerche su internet; cerca di capire i loro gusti, le loro fantasie e gli argomenti che possano facilitare l’interazione. Si tratta di un processo ciclico che si sviluppa in più fasi.
La prima fase è quella dell’approccio. L’adescatore dietro un nickname, creato appositamente per attirare l’attenzione della vittima prescelta, instaura un contatto con il minore e spesso, per avere la certezza della sua età e evitare di incorrere in qualche controllo della polizia giudiziaria, gli chiede di inviargli delle fotografie.
Durante la seconda fase, l’adescatore cerca di rompere le barriere della diffidenza e di creare un rapporto confidenziale con la vittima, offrendogli un luogo sicuro dove riversare le sue frustrazioni, i suoi dispiaceri e le sue paure.
Nella terza fase, l’adescatore ricostruisce il contesto dove vive la vittima per assicurarsi di non incorrere in alcun rischio qualora proponesse un incontro al minore e per comprendere se anche solo la relazione virtuale rischia di essere scoperta da un adulto.
Una volta escluso il pericolo, nella fase successiva, l’adescatore scava nell’intimità della vittima facendo affiorare le sue fantasie e i suoi desideri. Il groomer cerca di conoscere meglio il minore e di individuare le sue debolezze. Inizia, quindi, l’approccio più intimo che permette al minore di non sentirsi in pericolo. A questo punto l’adescatore inizia a introdurre argomenti che riguardano la sfera sessuale.
L’ultima fase è poi quella nella quale si compie l’abuso sessuale che potrebbe consumarsi sia online, con lo scambio di materiale pedopornografico e/o attraverso atti di autoerotismo in webcam, sia, nella peggiore delle ipotesi, con un incontro di persona, che potrebbe sfociare in un abuso carnale.
Si tratta di un reato di pericolo indiretto, in quanto la condotta punita è preparatoria di reati di pericolo che sono nella mente del reo e rispetto ai quali ancora non vi è stato il “delitto tentato” punibile dall’art. 56 del codice penale. Infatti, affinché si configuri la fattispecie di cui all’art. 609 undecies del codice penale è necessario il solo dolo specifico e non che l’adescamento sia andato a buon fine.
Viene così tutelata, in via anticipata, non solo l’integrità fisica e sessuale, ma, prima ancora, quella psichica, ed in particolar modo la libertà di autodeterminazione di soggetti che, per la loro giovane età, sono particolarmente indifesi, vulnerabili ed esposti a questo tipo di minacce.
Questo fenomeno è purtroppo in terribile aumento e la società ne attribuisce le cause al proliferare delle nuove tecnologie. Considerazioni che non possono non ritenersi riduttive, oltre che inaccettabili per affrontare un’emergenza che ha conseguenze catastrofiche sui minori e che, per essere affrontata con consapevolezza, richiede la massima conoscenza delle sue radici.
I bambini vengono troppo spesso lasciati soli davanti a un cellulare o a un computer in balia di quello che offre la rete, senza nessun controllo da parte dei genitori.
In base ad alcuni studi, è stato provato che le vittime del grooming sono principalmente minori che hanno una scarsa autostima. Bambini che spesso hanno subito maltrattamenti durante l’infanzia o presentano problemi comportamentali e di apprendimento, sociali o familiari, soggetti fragili che cercano sul web quell’affetto che non ricevono nella vita reale.
Non è semplice individuare una soluzione. Il primo passo è sicuramente la sensibilizzazione delle famiglie; fare in modo che i genitori siano più presenti e si interessino alle problematiche dei propri figli. Altrettanto importante è poi educare i bambini all’uso di questi strumenti tecnologici, fornendo loro delle istruzioni e regole sull’impiego.
Non è più permesso pensare di navigare senza alcun controllo nel mondo di internet, che nasconde infinite risorse ma altrettante insidie, a volte fortemente pregiudizievoli per il minore.
Dott.ssa Maria Grazia Persico – criminologa, Studio legale Bernardini de Pace