di Avv. Flaminia Rinaldi
“Non si configura affatto come una legittima pretesa del genitore da rivendicare ed esercitare nell’indifferenza delle diverse esigenze dei figli“.
Il diritto alla bigenitorialità non è una pretesa del genitore ma ha come ratio la tutela del minore e la sua serenità
Il diritto alla bigenitorialità, contrariamente a ciò che si può pensare nell’immaginario collettivo, non è un diritto dei genitori, ma dei figli.
Con una recentissima pronuncia del 2 agosto 2022, il Tribunale per i minorenni di Taranto ha sospeso gli incontri padre- figlia, archiviando il procedimento instaurato dal genitore, il quale, dopo anni di assenza nella vita della figlia (oggi adolescente), chiedeva insistentemente di frequentarla, nonostante i reiterati rifiuti della ragazza. Prima di giungere alla decisione finale, con una motivazione puntuale e articolata, i Giudici hanno ripercorso le vicissitudini processuali.
Emanuela (nome di fantasia), che sin dalla separazione era stata affidata alla madre, ha sviluppato nel corso degli anni un senso di angoscia e malessere nel rapporto con il padre, scaturito dallo scarso interesse che l’uomo ha mostrato verso di lei sin da quando era piccola. Un rifiuto, quello della ragazza, manifestato sia in sede di ascolto davanti al Giudice, sia in sede di CTU, sia al Servizio di psicologia clinica incaricato di seguire la ragazza, sia al curatore. In altre parole, dunque, numerosissimi sono stati gli interventi posti in essere dal Tribunale, al fine di comprendere, tutelare e salvaguardare i diritti e i desideri di Emanuela.
La lunga e complessa istruttoria ha escluso, peraltro, che la madre avesse in qualsivoglia modo ostacolato la frequentazione padre-figlia.
Per questo, il Collegio, con il provvedimento decisivo, ha stigmatizzato il comportamento del padre per “non essersi preoccupato minimamente” di restaurare, “tramite un diverso e meno conflittuale approccio con la madre” (alla quale la minore è molto legata), una serena relazione anche con la figlia e ha ulteriormente condannato l’atteggiamento del padre, in quanto è apparso “concentrato più alla ripresa della relazione fisica che a quella del rapporto umano e, dunque, a una funzione di sostegno allo sviluppo della figlia”.
Il Tribunale, inoltre, ha rilevato come la minore non desidera avere alcun tipo di contatto con il padre e che, semmai, ogni volta che esso si realizzava, creava un “turbamento emotivo alla ragazza, pregiudizievole per la sua serena ed equilibrata crescita”.
Testualmente, dunque, i Giudici di Taranto esprimono il seguente principio: “il diritto alla bigenitorialità (quello del figlio di vivere la propria vita insieme ad entrambi i genitori e non quello del singolo genitore separato di imporre la propria presenza al figlio) ha quale ratio la tutela del minore, garantendo la serenità nella crescita, e dunque non si configura affatto come una legittima pretesa del genitore, al pari di un diritto di natura patrimoniale, da rivendicare ed esercitare nell’indifferenza delle diverse esigenze dei figli e porsi come causa di ulteriore grave turbamento”. L’unico intervento possibile, conclude il Collegio, è una conciliazione tra i genitori nell’interesse della minore, per quanto si tratti, in ogni caso, di un intervento incoercibile. Perfettamente in linea con il Tribunale per i minorenni di Taranto, è l’orientamento ormai consolidata della Giurisprudenza di legittimità. Basti pensare alla più recente pronuncia in materia (Cass. Ord. 06/07/2022 n. 21425), nella quale si è affermato che il “diritto alla bigenitorialità è, anzitutto, un diritto del minore prima ancora dei genitori” e che “il diritto del singolo genitore a realizzare e consolidare relazioni e rapporti continuativi e significativi con il figlio minore presuppone il suo perseguimento nel miglior interesse di quest’ultimo, e assume carattere recessivo se ciò non sia garantito nella fattispecie concreta”.