Coronavirus: stop a viaggi, palestre, concerti. Si può avere il rimborso?

Su Affaritaliani.it risponde l’esperto in materia

“Avvocato, io e mio marito, negli ultimi mesi abbiamo sostenuto una serie di spese, quali l’iscrizione in piscina per nostra figlia, l’abbonamento della metro per nostro figlio e, per entrambi, abbiamo versato un acconto per una vacanza-studio in Inghilterra programmata per luglio 2020. Ora, l’organizzatore ci chiede il saldo, malgrado da febbraio niente piscina e metro, e le vacanze le vedo male. Possiamo rifiutarci di pagare? Come possiamo ottenere il rimborso delle altre spese?”  

Il nostro Governo ha varato la sospensione delle attività produttive non essenziali come le palestre, i centri sportivi, le piscine, i centri ricreativi e le scuole di ballo. Queste misure, funzionali al contenimento dell’epidemia e necessarie per la tutela della salute pubblica, hanno avuto un forte impatto sui rapporti contrattuali derivanti dall’impossibilità, per i gestori, di prestare servizi e, per i cittadini, di usufruirne, con conseguente estinzione delle relative obbligazioni oppure ritardi nell’adempimento.

Come fare per ottenere il rimborso? Purtroppo, non sempre è possibile. Gli abbonamenti a palestre, cinema, teatro, concerti e acquisti di viaggi, anche con formula tuttocompreso, rientrano nella disciplina dei contratti a prestazioni corrispettive previsti dall’art. 1467 del c.c.. Generalmente chi paga per ottenere un servizio che poi, per impossibilità sopravvenuta e senza colpa del cliente non viene prestato, ha sempre diritto al rimborso (art. 1463 c.c.). La Corte di Cassazione è unanime nel ritenere che un provvedimento, quale il decreto governativo, possa rientrare nelle cause di forza maggiore, poiché l’autorità del provvedimento è idonea a rendere oggettivamente impossibile l’esecuzione della prestazione, indipendentemente dalla volontà del soggetto obbligato. Nel contesto attuale dovuto all’emergenza Coronavirus, molti sono i casi nei quali si può fare valere questo principio giuridico.

Pensiamo a chi ha un abbonamento in palestra. In questo caso, il consumatore ha diritto al rimborso della quota o del solo titolo di ingresso non utilizzabile durante il lockdown. Alcuni gestori delle attività sportive, per limitare i danni economici, propongono, invece, “il congelamento” dell’abbonamento, che verrà poi recuperato a emergenza finita. Resta libera la scelta del consumatore, pur nell’eventualità che il centro sportivo chiuda definitivamente. Dunque, se il contratto prevede un numero determinato di ingressi nella palestra, l’utente può usufruire di quelli rimanenti una volta riaperta l’attività. Se, invece, il contratto è mensile o annuale, è ragionevole chiedere l’integrale restituzione delle somme corrisposte per il periodo di tempo non goduto. E ancora, se il pagamento per l’abbonamento è in corso perché rateizzato, oppure avviene con contratto di finanziamento, è opportuno interrompere immediatamente i versamenti con comunicazione scritta alla struttura sportiva oppure alla società finanziaria.

Per gli abbonamenti ai trasporti pubblici, ogni regione, in accordo con le amministrazioni delle diverse città italiane, deve valutare eventuali formule di rimborso per i viaggiatori impossibilitati a usufruire del servizio pagato perché costretti in casa. Resta salva per il consumatore la possibilità di recedere dal contratto per iscritto e di sospendere i pagamenti per impossibilità sopravvenuta della prestazione come previsto dall’art. 1463 c.c.

Per l’acquisto di pacchetti viaggio-studio all’estero o pacchetti turistici in Italia con partenza entro il 3 maggio 2020, il DPCM n. 9 del 2 marzo 2020 all’art. 28 ha previsto che l’organizzatore o l’agenzia viaggi può restituire il prezzo pagato, offrire un pacchetto turistico di qualità equivalente o addirittura superiore, oppure, in alternativa, emettere un voucher di durata annuale dalla sua emissione. Si tratta di una vera e propria deroga alla disciplina del codice del Consumo: la scelta non è più del consumatore, bensì dell’organizzatore del viaggio. Attenzione, però, se è stato versato un acconto per un viaggio con data successiva, l’acquirente è tenuto contrattualmente al pagamento del saldo. A meno che alla data del soggiorno previsto sia ancora vigente il divieto di circolare nel proprio paese o di raggiungere quello di destinazione; in tal caso il contratto potrà essere risolto, con conseguente diritto per l’acquirente alla restituzione del prezzo versato.

A ogni modo, vista la drammaticità dei risvolti economici e sociali, il miglior auspicio sarebbe quello di trovare un giusto compromesso tra le istanze dei consumatori e quelle dei venditori, entrambi in sofferenza.

Di Violante Di Falco
Studio legale Bernardini de Pace