di Dott. Marco Volpe
“Avvocato, ho bisogno del Suo consiglio. Da tre mesi circa, quasi quotidianamente, subisco le provocazioni e le minacce di mio marito. Io faccio di tutto per essere gentile e accomodante con lui, ma è tempo perso. Pensi che, sforzandomi di capire dove stessi sbagliando, sono addirittura arrivata a incolparmi per qualcosa che non ho fatto. In realtà, mi sono convinta sempre più che questa sia sempre stato la sua indole aggressiva, solo adesso svelata, e d’ora in avanti troverà sempre un pretesto per litigare e offendermi. Non ce la faccio più. Visto che la casa è di mio marito, posso prendere i miei tre piccoli bambini (l’ultimo di soli quattro mesi) e andarmene? Cosa rischio? Mi addebiteranno la causa della separazione?”
Gentile Signora,
effettivamente, la coabitazione è indicata, all’articolo 143 del Codice civile, come un obbligo nascente dal matrimonio. Un principio irrinunciabile, espressione dell’impegno dei coniugi a convivere stabilmente presso la residenza familiare. Di conseguenza, è vero che, in linea generale, abbandonare il tetto coniugale – tralasciando gli aspetti penalistici della questione – comporta il rischio che possa essere addebitata la separazione al coniuge “fuggitivo”.
Ma non sempre è così. Talvolta, l’allontanamento è inevitabile, a tutela della incolumità propria e dei figli minori. Mi riferisco al verificarsi di episodi di violenza, fisica o psicologica (come nel Suo caso, mi pare di capire), i quali, soprattutto se in presenza di figli, vittime di violenza assistita, giustificano pienamente l’allontanamento dalla casa. Dunque, se davvero Lei non riesce a tollerare oltre la situazione, non posso biasimarla dal voler andarsene via. Le suggerirei, tuttavia, di farlo solo se strettamente necessario; ci sono infatti diversi strumenti giuridici che Lei potrebbe attivare a tutela Sua e dei Suoi figli che riuscirebbero a proteggerLa e ad aiutarLa a uscire da questa terribile situazione. Mi riferisco, per esempio, al procedimento per separazione giudiziale urgente (con autorizzazione a vivere separati e fissazione di un termine per l’uscita da casa di Suo marito) o alla richiesta giudiziale di allontanamento del coniuge violento dalla casa familiare. C’è infatti un aspetto giuridico importantissimo che Lei non sta considerando: se deciderà di abbandonare (e non temporaneamente) la casa coniugale, portando con sé i bambini, il rischio principale e serio che correrà, non sarà tanto quello di vedersi addebitata la separazione (con conseguente perdita del diritto a essere mantenuta) ma quello, piuttosto, di perdere il diritto all’assegnazione della casa coniugale di proprietà di Suo marito.
Una volta instaurata la separazione, infatti, sono convinto che riuscirebbe – senza grandi ostacoli – a contrastare l’eventuale richiesta di addebito di Suo marito, portando all’attenzione del Giudice le prove delle violenze subite. Diversa è invece la questione relativa all’assegnazione. Deve infatti sapere che in caso di separazione la legge tutela sempre il diritto dei figli – magari già prostrati dal conflitto – a conservare l’ habitat domestico, a salvaguardia della loro stabilità e serenità. In virtù di questo criterio guida, il Giudice accorderà al genitore collocatario dei figli la possibilità di continuare a vivere nella ex casa coniugale, anche se di proprietà dell’altro genitore. Se, però, viene meno quella “continuità ambientale decisiva per l’interesse del minore” che giustifica l’assegnazione della casa (e, dunque, la compressione dell’originario diritto di proprietà), Lei rischia di perdere il diritto di vedersi assegnata la casa nella quale adesso vivete. Dunque: esca dalla casa solo se strettamente necessario e porti con Lei i Suoi figli. In tale ipotesi non abbia paura di dichiarare immediatamente, e per iscritto, le ragioni che l’hanno spinta ad assumere una simile decisione, comunque temporanea. Questa prova la aiuterà a difendersi sia dall’eventuale richiesta di addebito della separazione contro di Lei, sia dalla eventuale opposizione di Suo marito all’assegnazione della casa coniugale a Lei, per interruzione della continuità ambientale.