di Avv. Marzia Coppola
“Buongiorno Avvocato, mi chiamo Claudio e ho 35 anni. Sono fidanzato con Luigi da 7 anni e vorremmo celebrare l’unione civile. Nel 2016 abbiamo gioito all’idea di poterci “sposare”, ma concretamente non sappiamo quali siano le differenze rispetto al matrimonio. Ci potrebbe chiarire la questione così da compiere un passo così importante con consapevolezza?”
La prima sostanziale differenza tra l’unione civile e il matrimonio, ça va sans dire, è costituita dal fatto che la prima è celebrata tra persone omoaffettive (due uomini o due donne), mentre il secondo tra un uomo e una donna.
Prima di ogni cosa, quando si decide di celebrare il matrimonio, è necessario procedere con le pubblicazioni che, in Italia, rivestono il ruolo del “chi ha qualcosa da dire parli ora o taccia per sempre”. Questo adempimento non è previsto per le unioni civili e, quindi, sostanzialmente, non ci sono le opposizioni previste per il matrimonio.
Quanto al rito, che è il momento che corona e celebra l’amore tra discorsi commoventi, preghiere, danze, regali e vestiti svolazzanti, vi sono alcune importanti differenze. Prima di tutto il matrimonio può essere concordatario (e quindi celebrato in Chiesa e, poi, riconosciuto dallo Stato) oppure civile. Il primo porta con sé un’importante spiritualità e ritualità (l’abito bianco, l’altare, le letture Sacre e così via). Il secondo può ridursi alla lettura presso il Comune di residenza dei coniugi degli articoli del codice civile che sanciscono i diritti/doveri nascenti dal matrimonio e alla firma, con i propri testimoni, del relativo certificato.
L’unione civile, invece, ha solo una forma: ossia il rito davanti all’ufficiale di Stato Civile, alla presenza di due testimoni. L’ufficiale di Stato Civile si occuperà di compilare un certificato dove verranno inseriti tutti i dati anagrafici (della coppia e dei testimoni) e verrà indicato il regime patrimoniale.
Da quel momento in poi i diritti e i doveri reciproci saranno pressoché i medesimi per i coniugi o per gli uniti civilmente. Però vi è differenza, a mio avviso incomprensibile, rispetto al dovere di fedeltà che nelle coppie dello stesso sesso non è contemplato.
Dal punto di vista economico, matrimonio e unioni civili sono equiparati. Quindi il regime patrimoniale è sempre la comunione dei beni (salva l’ipotesi di una condivisa scelta differente). Per entrambi, poi, è previsto l’obbligo di contribuire ai bisogni comuni e al mantenimento dell’altro in caso di separazione/divorzio (se e quando ne sussistono i presupposti). Vi è, infine, equivalenza in materia di diritti successori.
Altre uguaglianze sono ravvisabili con riferimento al trattamento fiscale e previdenziale. Per fare alcuni esempi: detrazioni fiscali per familiari a carico e prima casa, pensione di reversibilità e TFR in caso di morte di uno dei due e così via. Coppie sposate o unite civilmente godono, inoltre, dello stesso trattamento per le graduatorie relative all’assegnazione di alloggi di edilizia popolare.
Vi è poi la spinosa questione del cognome che ha destato non poco disordine posto che, secondo l’interpretazione letterale della norma, l’unione civile comporterebbe l’aggiunta di uno dei cognomi a quello dell’altro con conseguente modifica del codice fiscale e di tutti i documenti d’identità. In realtà la Corte di Cassazione ha chiarito che l’aggiunta del cognome nell’unione civile può essere “d’uso”, senza quindi comportare lo stravolgimento della propria identità. Nel matrimonio, invece, la regola è che la moglie mantenga il proprio cognome da nubile ed è possibile aggiungere nei documenti ufficiali il cognome del marito.
Quando l’amore giunge al capolinea, poi, le coppie sposate potranno separarsi e decorso un tempo che va dai sei mesi ai dodici mesi potranno anche divorziare. Chi è unito civilmente, invece, potrà ricorrere direttamente al divorzio. In questo ultimo caso, l’adempimento necessario richiesto consiste in una dichiarazione da fare all’ufficiale di stato civile in merito alla concreta intenzione di dirsi addio. Da quel momento, dovranno decorrere almeno 3 mesi e poi le parti (singolarmente o congiuntamente) potranno rivolgersi al tribunale per sciogliere l’unione civile.
Infine, in merito ai figli, il discorso potrebbe essere molto articolato ma, in generale, in questa sede, basti sapere che se un figlio nasce da una coppia unita in matrimonio quel minore sarà figlio di entrambi. Se, invece, nasce da una coppia unita civilmente, il bambino sarà figlio solo del genitore biologico. Le coppie dello stesso sesso, poi, come regola generale, non possono accedere all’adozione.
In conclusione, quindi, possiamo sostenere che oggi – in ritardo rispetto a gran parte d’Europa – l’amore non ha sesso. E, d’altra parte, le difficoltà i problemi da gestire e le sofferenze da sormontare sono pressoché le medesime indipendentemente dal fatto che il “per sempre insieme” sia frutto di matrimonio e di unioni civili.