{"id":1462,"date":"2011-05-12T00:00:00","date_gmt":"2011-05-11T22:00:00","guid":{"rendered":"https:\/\/abdp.it\/blog\/2011\/05\/12\/inossidabili-in-crisi-oggi-il-divorzio-ha-i-capelli-grigi\/"},"modified":"2011-05-12T00:00:00","modified_gmt":"2011-05-11T22:00:00","slug":"inossidabili-in-crisi-oggi-il-divorzio-ha-i-capelli-grigi","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/abdp.it\/blog\/2011\/05\/12\/inossidabili-in-crisi-oggi-il-divorzio-ha-i-capelli-grigi\/","title":{"rendered":"Inossidabili in crisi: oggi il divorzio ha i capelli grigi"},"content":{"rendered":"

Non ricordo chi avesse detto che il matrimonio \u00e8 un innesto: o attecchisce o no. Forse questa idea valeva ai tempi di chi aveva elaborato l’interessante e rassicurante concetto. Oggi non \u00e8 pi\u00f9 cos\u00ec. Anzi. Da qualche anno a questa parte, sempre pi\u00f9 frequentemente, si assiste al fenomeno dei “divorzi grigi”, cio\u00e8 di quelle coppie che si dissolvono dopo 20\/30 anni di matrimonio, quando si hanno i capelli brizzolati e quando, nella visione botanica del fenomeno, non si pu\u00f2 certo dire che il matrimonio non appaia avere attecchito. Capita cos\u00ec che a cinquanta\/sessanta anni la vita di una famiglia e dei singoli membri si rivoluzioni dalle fondamenta. Normalmente quella \u00e8 l’et\u00e0 nella quale, almeno una volta era cos\u00ec, le persone credono di essere arrivate a un punto di non ritorno. La vita si \u00e8 assestata su case, abitudini, amicizie e programmi che risultano, in linea di massima, definitivi. O, per lo meno, soggetti a modifiche parziali e previste. E’ infatti quello, un periodo della vita, nel quale emergono problemi nuovi: nonni anziani che si ammalano o muoiono; nipotini che portano allegria ma anche esigenze di accudimento; gli stessi coniugi hanno variazioni di salute o turbamenti legati al pensionamento. Per tradizione, l’essere in coppia e il senso di appartenenza alla famiglia, nonch\u00e9 il comune patrimonio, sia affettivo sia economico, sono stati sempre un punto di forza che ha aiutato i coniugi ad affrontare tutte le novit\u00e0, anche quelle negative. Probabili, peraltro, e messe in bilancio. In questo nuovo secolo, invece, i valori descritti hanno, per moltissime famiglie, non solo perso l’importanza aggregante, ma addirittura acquistato una pesantezza dirimente. Cio\u00e8, gli stessi valori diventano propositivi dell’abbandono: ci sono mariti che lasciano le mogli operate di tumore; mogli che lasciano i mariti pensionati e depressi; coniugi che litigano e diventano violenti dal momento in cui la casa familiare si svuota dei figli; mariti che abbandonano la moglie sessantenne per la squinzia ventenne; mogli insofferenti al marito rivelatosi nel tempo ancora pi\u00f9 tirchio, e via dicendo. Perduta l’importanza della solidariet\u00e0 coniugale, scemato nella rabbia e nell’esasperazione il ricordo dei sentimenti comuni, prevalgono i cosiddetti “diritti individuali”, la “ricerca della felicit\u00e0”, il “bisogno di cambiare”, la “voglia di ricominciare”. A volte le ragioni concrete sono anche valide e giustificabili, perch\u00e9 ci sono coppie che vivono nell’equivoco, nella reciproca sopportazione, nell’indifferenza sentimentale per anni. E’ forse un bene che la verit\u00e0 si faccia largo ed emerga, anche se il costo \u00e8, comunque sia, molto alto per tutta la famiglia estesa. Altre volte, invece, la scelta di disfare la coppia non \u00e8 altro che il punto terminale e inevitabile di una serie di comportamenti dei quali sono colpevoli entrambi i coniugi: per esempio, il tradire e accettare nel tempo i tradimenti, porta certamente, prima o poi, alla separazione. Perch\u00e9 non se ne pu\u00f2 pi\u00f9, n\u00e9 di subire n\u00e9 di essere “perdonati”. Comunque sia, oggi la vita \u00e8 diventata pi\u00f9 lunga per tutti: una volta “nel mezzo del cammin” voleva dire circa trent’anni. Oggi \u00e8 non meno di cinquanta. C’\u00e8 inoltre l’ossessione del benessere e quello del pen-essere (viagra) che aiutano a mantenersi in forma e pronti all’uso, in questa societ\u00e0 caratterizzata dalla competizione sessuale, dalla desiderabilit\u00e0 permanente. C’\u00e8 il culto della personalit\u00e0, della propria personalit\u00e0, che induce a considerare sovente la famiglia una zavorra da lasciare per strada: la felicit\u00e0 individuale \u00e8 praticamente diventato un diritto e c’\u00e8 la convinzione che la coppia \u2013 soprattutto se datata \u2013 non la garantisca. Meglio cambiare, secondo molti. Infatti siamo nell’era delle molteplici possibilit\u00e0 e, quindi, della sindrome da zapping: basta schiacciare un tasto e si cambia canale, casa, citt\u00e0, nazione, coniuge. Senza dimenticare che c’\u00e8 pure il mito della giovinezza e, dunque, meglio avere una donna di venticinque anni, piuttosto che la stessa da venticinque anni. Oppure, meglio sole che male accompagnate. Ma, alla base di tutto, secondo me, c’\u00e8 il fraintendimento macroscopico sul diritto alla felicit\u00e0: tutti crediamo di avere questa garanzia fin dalla nascita; la societ\u00e0 non ci aiuta a chiarire la questione, visto che la felicit\u00e0 ci viene promessa col posto di lavoro, come con la nuova auto, la vacanza, la vincita milionaria. Tuttavia, non c’\u00e8 niente che dia la felicit\u00e0 in s\u00e9 e per s\u00e9, e cercare di raggiungerla cambiando gli oggetti o i soggetti in grado di darcela, significa solo creare la nostra infelicit\u00e0 e quella altrui. Esattamente come fanno i killer seriali di matrimoni che, invece di considerare un’ipotesi di felicit\u00e0 l’opportunit\u00e0 di creare e perseguire, anche a fatica, un progetto di vita in due, non si limitano ad addizionare, ma addirittura moltiplicano gli addendi: alla fine, i conti per\u00f2 non tornano mai. E cos\u00ec si rischia la bancarotta.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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