{"id":1470,"date":"2011-03-25T00:00:00","date_gmt":"2011-03-24T23:00:00","guid":{"rendered":"https:\/\/abdp.it\/blog\/2011\/03\/25\/cosi-le-donne-combattono-il-rais-maschilista\/"},"modified":"2011-03-25T00:00:00","modified_gmt":"2011-03-24T23:00:00","slug":"cosi-le-donne-combattono-il-rais-maschilista","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/abdp.it\/blog\/2011\/03\/25\/cosi-le-donne-combattono-il-rais-maschilista\/","title":{"rendered":"Cos\u00ec le donne combattono il Ra\u00ecs maschilista"},"content":{"rendered":"

Si potrebbe dire “da bottino di guerra a bottone di comando”. Le donne infatti, dopo essere state, nei secoli, ambita preda dei guerrieri, oggi sono, a pieno titolo, indifferenziate tra gli uomini nel decidere interventi militari e nel partecipare da protagoniste alla guerra. Che poi la si voglia, questa, definire, con audace ossimoro, “guerra umanitaria” \u00e8 un’altra storia: non pu\u00f2 essere tale, solo perch\u00e9 ingentilita da donne. Fatto sta che, la decisione di entrare in guerra, l’ha presa il Segretario di Stato Usa Hillary Clinton, sbriciolando, con golosa perversione, le esitazioni di Obama. Contemporaneamente l’ambasciatrice dell’Onu, Susan Rice, intrepida \u00e8 riuscita a convincere tutti i paesi del Consiglio di sicurezza a non porre il veto alla risoluzione autorizzativa dell’intervento militare. Si \u00e8 subito schierata a favore anche Samantha Power, una volta nemica della Clinton e oggi assistente alla Difesa. Sul Times, i tentennamenti, femminili (?), di Obama sono stati ridicolizzati da Anne Marie Slaughter, in passato consigliera di Clinton. E non \u00e8 finita: chi comanda le forze aeree Nato \u00e8 la bionda Margaret Woodward; mentre due piloti donna eseguono gli attacchi; l’una, italiana, guidando un caccia Eurofighter e l’altra, inglese, un Tornado. Solo uno degli aerei costa 125 milioni di sterline. In Italia, dal 20 ottobre 1999, la legge 380 ha abbattuto l’ultimo ostacolo alla reale parit\u00e0 tra i sessi: prima di allora esisteva il divieto rigoroso alle donne di partecipare agli organismi di difesa dello Stato. Dunque, non c’\u00e8 da meravigliarsi che le donne siano interpreti e cuciniere del gusto della guerra, malgrado da pi\u00f9 parti si sostenga che, se governassero le donne, non ci sarebbero pi\u00f9 guerre nel mondo. E allora come la mettiamo con le Amazzoni? Che siano davvero esistite o facciano parte di una narrazione mitologica resistita nei secoli, poco importa. La storia o l’idea di un popolo guerriero \u2013 perch\u00e9 questo sarebbero state \u2013 esclusivamente femminile, nega all’origine l’ipotesi del pacifismo connaturato nella donna. Ci saranno pure donne concilianti al mondo, ma sono tante quanti gli uomini. Il resto, per entrambi i generi, \u00e8 costituito da persone bellicose. Senza discriminazioni di genere. Anzi, si potrebbe persino dire che le donne, una volta acquistata l’opportunit\u00e0 per diritto certificato dalla norma, possono dimostrare nel combattimento, in qualunque genere di conflitto, pi\u00f9 reattivit\u00e0 e determinazione degli uomini. Hanno, infatti, nel loro dna storico, una tale esperienza di violenze subite, sopraffazione, oltraggi e prepotenze da essere in grado oggi di insorgere con pi\u00f9 fermezza, forti come sono diventate per aver dovuto resistere alle soperchierie altrui. E’ significativa dunque l’alleanza transnazionale delle donne guerrafondaie, quando il nemico \u00e8 stato prontamente identificato in Gheddafi, dittatore e maschilista all’eccesso. Chi per secoli ha sub\u00ecto e non aveva dalla sua parte la forza del diritto, ora impugna l’arma di quello stesso diritto per svelarsi attiva e combattente; tutt’al pi\u00f9 celandosi, con seduttiva astuzia femminile, sotto la trasparentissima veste “umanitaria”. Che poi le donne possano essere spietate e feroci, come e quanto gli uomini, non \u00e8 scoperta dell’alba di oggi. Basterebbe seguire ogni giorno le storie familiari nel momento patologico della disgregazione coniugale, per capire che, da ormai un decennio, il sesso debole non \u00e8 pi\u00f9 quello femminile e che gli autentici predatori, anche di frodo, si contano pi\u00f9 tra le donne. Sicuramente fra quelle infraquarantenni che, ove fossero arruolate, in qualsiasi arma, oltre il 3% di quante se ne contano ora, si dimostrerebbero strateghe \u2013 sia in attacco che in difesa \u2013 molto pi\u00f9 abili, acute e tempestive di qualsiasi coetaneo. Basti, ancora, ricordare la vicenda di Giovanna D’Arco che, pur ignorante di qualsiasi tattica militare, si mise a capo di un esercito di 7000 uomini e sconfisse gli inglesi oppressori per riportare il Delfino sul trono di Francia. Ponendo cos\u00ec termine alla guerra dei cent’anni. Se ci\u00f2 poteva succedere nel 1400, quando le donne erano prive di qualsiasi riconoscimento e garanzia giuridica, figuriamoci oggi che hanno un Ministero loro dedicato. Oltre a tutto il resto. In Libia, invece, le donne non comandano, ma molte di loro costituiscono lo scudo di guardia personale del dittatore. Sempre che siano giovani e sappiano portare con leggiadra volutt\u00e0 il basco rosso della divisa. Mi sorge a questo punto un dubbio: che questa guerra sia in realt\u00e0 una lotta armata tra donne che esercitano il potere sull’uomo e donne che dall’uomo si fanno governare? Se cos\u00ec fosse, non ci sarebbe nulla di nuovo, se non la mediatica e legittimata espansione di un fenomeno vecchissimo, in ragione del quale i sentieri della storia sono lastricati da cadaveri di uomini che, in un modo o nell’altro, sono condizionati dalle femmine di cui si circondano o da cui sono accerchiati. E che combattono tra loro. A ben pensarci, ogni guerra nasce dall’inganno e ogni donna \u00e8 maestra d’astuzia.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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