{"id":2700,"date":"2020-06-25T13:38:00","date_gmt":"2020-06-25T11:38:00","guid":{"rendered":"https:\/\/abdp.it\/?p=2700"},"modified":"2021-01-22T16:10:37","modified_gmt":"2021-01-22T15:10:37","slug":"assunta-a-tempo-indeterminato-ora-mi-vogliono-cacciare-cosa-fare","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/abdp.it\/blog\/2020\/06\/25\/assunta-a-tempo-indeterminato-ora-mi-vogliono-cacciare-cosa-fare\/","title":{"rendered":"Assunta a tempo indeterminato, ora mi vogliono cacciare. Cosa fare?"},"content":{"rendered":"\n

di Gian Paolo Valcavi<\/p>\n\n\n\n

\u201cSono stata assunta a tempo indeterminato ad ottobre, presso un\u2019azienda di servizi. Periodo di prova terminato ad aprile. Dalla fine di febbraio 2020 purtroppo l’affiancamento e la continuit\u00e0 della prova appunto, \u00e8 stata interrotta causa COVID. Sono rientrata in azienda (secondo le direttive) il 3 aprile. Unica lavoratrice assieme ad altri due colleghi che non erano legati alla mia mansione. Ho svolto in autonomia e seguendo le direttive del mio tutor; via filo. Ieri mi \u00e8 stato preannunciato verbalmente che con molta probabilit\u00e0 il 16 agosto si interromper\u00e0 il rapporto di lavoro. Inizialmente causa Covid e successivamente perch\u00e9 le prestazioni professionali hanno ancora &quot;lacune&quot; per cui la mia mansione pu\u00f2 essere ripartita tra i presenti. Cosa si fa in questi casi?\u201d<\/strong><\/p>\n\n\n\n

La Lettrice si trova in una situazione completamente differente rispetto a quelle di cui ci si \u00e8 occupati in
passato, dove la questione principale da risolvere era relativa al mancato superamento della prova (vera o fittizia). In questo caso la Lavoratrice ha, infatti, superato positivamente la prova, cosa che in un contesto normale avrebbe permesso di rendere stabile il rapporto e di assoggettarlo alle tutele risarcitorie tipiche dei contratti a tutele crescenti, senza la necessit\u00e0 di ulteriori riflessioni. 
Il \u201cdivieto di licenziamento\u201d emergenziale influisce sul recesso durante la prova?<\/strong>
Oggi, a fronte della legislazione d\u2019emergenza, una simile conclusione deve in primo luogo essere vagliata alla luce della previsione (contenuta nell\u2019art. 46 del D.L. 18\/2020) in forza della quale si \u00e8 stabilito il divieto di licenziamento sino al 17 agosto 2020. Si tratta di una norma transitoria nata per prevenire devastanti effetti sociali connessi al lock-down ed alla conseguente necessit\u00e0 di procedere ad un ridimensionamento della struttura aziendale da parte delle imprese. I possibili effetti di un simile divieto potrebbero essere o di rendere \u201cneutro\u201d il periodo di prova intercorso tra il 17 marzo (data di entrata in vigore del D.L. 18\/2020) ed il 17 agosto e, quindi, di procrastinarne la durata sino a dopo Ferragosto oppure di permettere un rinvio della risoluzione per mancato superamento della prova a dopo il 17 agosto. Fortunatamente per la Lettrice la prova \u00e8 regolata esclusivamente dall\u2019art. 2096 c.c. e non dalla legislazione sui licenziamenti individuali. Infatti, il divieto dell\u2019art. 46 D.L. 18\/2020 si applica (tra l\u2019altro) ai licenziamenti in senso stretto, dal cui campo di applicazione \u00e8 espressamente esclusa la risoluzione del rapporto di lavoro per mancato superamento del periodo di prova. Quindi, il rapporto \u00e8 divenuto stabile a tutto gli effetti.
Il punto sul risarcimento del danno da recesso illegittimo per i contratti di lavoro stipulato dopo il 7
marzo 2015 (Jobs Act).<\/strong><\/p>\n\n\n\n

Una volta chiarito che la prova sia stata superata, si tratta di verificare quali siano le conseguenze
dell\u2019eventuale recesso per le ventilate \u201clacune\u201d nelle prestazioni professionali (queste le motivazioni
preannunciate alle Lettrice). Volendo, quindi, seguire l\u2019impostazione preannunciata dal datore di lavoro, ci si troverebbe di fronte ad una ipotesi di licenziamento per motivi soggettivi, cio\u00e8 per motivi legati ad un presunto inadempimento o adempimento non diligente delle obbligazioni della Lavoratrice. Si tratta di un\u2019ipotesi che presuppone una contestazione disciplinare scritta, con concessione di un termine a difesa (non inferiore a cinque giorni di calendario) perch\u00e9 la Lavoratrice possa esporre le proprie ragioni e giustificazioni. Solo all\u2019esito di tale procedimento, il datore di lavoro potrebbe dare completa attuazione al proprio \u201cpiano\u201d di licenziamento.<\/p>\n\n\n\n

Nel portare a compimento un tale \u201cprogetto\u201d, il datore di lavoro deve rammentare che:
– se il comportamento contestato \u00e8 espressamente previsto dal codice disciplinare del CCNL come
punibile con una sanzione conservativa, l\u2019utilizzo della sanzione massima del licenziamento
sarebbe illegittimo;
– lo scarso rendimento \u00e8 un&#39;ipotesi particolare di licenziamento per giustificato motivo soggettivo,
per la cui sussistenza deve essere dimostrata un\u2019evidente violazione della diligente collaborazione dovuta dal dipendente, provata con un’enorme sproporzione tra gli obiettivi fissati dai programmi di produzione per il lavoratore e quanto effettivamente realizzato nel periodo di riferimento, avuto riguardo al confronto dei dati globali riferiti ad una media di attivit\u00e0 tra i vari dipendenti. Laddove il datore di lavoro ritenesse di non curarsi di tali perplessit\u00e0, gli effetti di un licenziamento illegittimo potrebbero essere rilevanti, laddove si tratti di datore di lavoro che occupi pi\u00f9 di quindici dipendenti.
Infatti, sono previste due tipologie di sanzioni per il licenziamento illegittimo, nell\u2019ambito dei rapporti di lavoro stipulati dopo il 7 marzo 2015 (data di entrata in vigore della riforma). La prima \u00e8 applicabile all\u2019ipotesi in cui venga dimostrata (con onere a carico del lavoratore) l’insussistenza del fatto materiale contestato. In questo caso il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore ed al pagamento di un’indennit\u00e0 risarcitoria non superiore a 12 mensilit\u00e0, dedotto quanto il lavoratore abbia percepito per lo svolgimento di altre attivit\u00e0 lavorative, nonch\u00e9 quanto avrebbe potuto percepire accettando una congrua offerta di lavoro. <\/p>\n\n\n\n

Nella seconda ipotesi, cio\u00e8 se non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo soggettivo
o giusta causa (perch\u00e9, ad esempio il fatto esiste, ma non \u00e8 cos\u00ec grave da poter portare al licenziamento), il
giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento, ma condanna il datore di lavoro al
pagamento di un’indennit\u00e0 non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a tre mensilit\u00e0 dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, in misura comunque non inferiore a sei e non superiore a trentasei mensilit\u00e0. Per la determinazione dell\u2019indennit\u00e0 la norma originaria prevedeva un meccanismo di tipo matematico (tre mensilit\u00e0 per ogni anno di lavoro). Oggi, in seguito alla sentenza della Corte costituzionale n. 194\/2018, il bilanciamento tra il minimo ed il massimo \u00e8 rimesso alla prudente valutazione del giudice, che deve tenere conto non solo dell\u2019anzianit\u00e0 di servizio, ma anche del comportamento delle parti, dalle dimensioni occupazionali del datore di lavoro, dalle dimensioni dell\u2019attivit\u00e0 economica e, in genere, dalle condizioni delle parti.<\/p>\n\n\n\n

* Studio Legale Bernardini de Pace <\/strong><\/em><\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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