Marrazzo ha raccontato. Ha riconosciuto di avere commesso «errori», di avere coltivato, anziché controllarle, le debolezze; di avere frequentato le prostitute perché rassicuranti, e i transessuali perché accoglienti e accudenti. Ha precisato di non essere né omosessuale né drogato. Ha ammesso di sentirsi in colpa verso la moglie e la figlia. Ritiene di avere pagato un prezzo altissimo per i suoi sbagli, avendo perso la famiglia, l’amore, il potere e anche la faccia. Tuttavia non si giudica tanto colpevole quanto invece vittima: delle responsabilità, della fatica, del sistema e del ricatto. Chiede scusa, ma ha il pudore di non pretendere perdono. Che, del resto, non è un dovere dare, né un diritto chiedere. Tanto meno è giusto, e meno che mai opportuno, regalare. Comunque sia, la confessione di Marrazzo è un documento umano molto importante. Altri, in situazioni simili, hanno preferito paludarsi di ipocrisia o ammantarsi di arroganza. Lui, pur mitigando la verità da accorto politico e sapiente comunicatore, ha invece svelato l’anima. Confusa, disorientata; ancora indolenzita dai colpi di maglio ricevuti dal disvelamento al pubblico della sua problematica e inquietante vita parallela. Fa un’enorme compassione il sentirgli dire che andava in via Gradoli senza cautelarsi «perché stanco» e perché voleva «andare lì e dimenticare tutto il resto». Tanto stanco, che «quel giorno» non aveva avuto la forza di allestire le opportune cautele e le sicurezze che si addicono a un uomo pubblico. Fa compassione, ma tantissimi altri uomini (e donne) si comportano allo stesso modo perché vogliosi, trasgressivi, fanatici, maniaci, o persino perversi. Anche loro desiderano solo quello e vogliono dimenticare tutto il resto. E provocano altrettanta compassione, perché si dimostrano incapaci di governare debolezze e vizi a favore dei sentimenti o del personale senso dell’onore. Nessuno è nato forte e imparato. Tutti siamo continuamente tentati dalle nostre molteplici e variegate debolezze. Le persone serie e coraggiose diventano tali proprio perché le combattono incessantemente. Tuttalpiù, si lasciano andare in quelle fragilità personali che non danneggiano gli altri, non devastano la famiglia, non pregiudicano l’identità professionale. Sempre che ci sia una gerarchia rigorosa di valori. Poi, certamente, molti hanno, nel segreto del loro vivere, incolmabili e dolorosi buchi neri, che a volte prendono il sopravvento sul pensare e sull’agire. Marrazzo ne ha svelato uno, giustificando il suo bisogno del mondo transessuale per il «sollievo legato alla loro femminilità». Egli sostiene che l’avere i trans «attributi maschili» non è rilevante, quanto il loro comportamento, che «li rende desiderabili». Perché accoglienti, straordinariamente accudenti, «donne all’ennesima potenza». Ebbene, proprio questa spiegazione mentre da un lato rivela una storia di vita evidentemente dolorosissima, anche nel ricordo importante del padre perduto, dall’altro dimostra il non ancora superato disorientamento dell’uomo. Che non si rende conto di quanto ulteriormente crudele e offensivo sia questo suo pensiero nei confronti di tutte le donne, ma soprattutto di sua moglie. E, contemporaneamente, questa considerazione suggerisce la necessità di una riflessione pubblica sul tema: è mai possibile che le donne di oggi, tutte le donne del mondo, qualsiasi donna, siano meno desiderabili, accudenti, accoglienti di un transessuale? Con una riflessione subordinata: ma perché, se un uomo ama la moglie, come dice ancora oggi Marrazzo, non condividere con lei il peso e la paura dei buchi neri, invece di tradire e addentrarsi in pericolose e ambigue scorciatoie? Il tradimento coniugale è nel nascondere al partner le proprie ansie e incertezze: le relazioni sessuali adulterine, di qualunque genere siano, ne sono una conseguenza, non la causa. Oggi lui ha avuto il coraggio e la capacità umana di raccontarsi a milioni di lettori. Se questa forza gli fosse venuta un tempo, per confidare alla moglie la sua debolezza, avrebbe forse potuto capire che è l’accoglienza dell’amore a rendere straordinariamente accudenti. Senza necessità di pagare un tanto all’ora per essere, anche, ascoltati.