di Dott.ssa Violante Di Falco
“Avvocato, ho 43 anni e mia moglie ne ha 41. Viviamo a Roma e siamo sposati dal 2014 ed è da allora che proviamo ad avere un figlio, anche tramite procreazione assistita, senza, tuttavia, riuscirci. Dopo averne lungamente parlato, abbiamo deciso di intraprendere la strada dell’adozione. Non Le nascondo che per noi sarebbe essenziale diventare genitori di un bambino italiano. Qual è la procedura da seguire? A chi dobbiamo rivolgerci? Sarà lunga?”
Caro futuro papà, adottare un bambino è un gesto di grandissimo amore che va però affrontato con consapevolezza e senso di responsabilità. Un figlio è per sempre. In Italia, sono sostanzialmente due i procedimenti di adozione che gli aspiranti genitori possono attivare: quello nazionale, con il quale si adotta un bambino già residente in Italia, e quello internazionale, riferito ai bambini residenti in tutti quegli stati esteri che hanno sottoscritto la convenzione dell’Aja in tema di adozioni.
Come certamente saprà, esiste un limite di età per gli adottanti: il coniuge più giovane deve avere una differenza di età con il figlio adottivo non inferiore a 18 anni e non superiore ai 45 anni. Nel Vostro caso l’iter da seguire sarà quello dell’adozione nazionale, che però ha meno chance di quello internazionale. Per prima cosa dovreTe rivolgerVi agli assistenti sociali (o alle organizzazioni preposte dai singoli tribunali) del Comune nel quale risiedete – adempimento ritenuto da molti tribunali indispensabile per procedere alla domanda di adozione – per iniziare l’iter informativo sull’adozione e anche di orientamento all’una o all’altra tipologia di adozione (quella nazionale e quella internazionale che, in ogni caso, Vi consiglierei di non scartare subito).
Questo percorso preliminare con gli assistenti sociali permette alle coppie desiderose di adottare un bambino di essere informate, guidate e sostenute passo dopo passo nel processo per l’adozione. Inoltre, i servizi sociali così attivati, potranno verificare costantemente l’attitudine, la capacità e la persistente volontà degli adottanti di accogliere un nuovo membro all’interno della propria famiglia. Il ruolo attivo di monitoraggio svolto dai servizi sociali non sarà, quindi, limitato alla sola fase preadottiva, bensì permarrà anche durante la fase successiva all’adozione, fino all’inserimento effettivo del bimbo nella sua nuova famiglia.
Deve infatti essere garantita al bambino la possibilità di crescere in un ambiente familiare in grado di soddisfare adeguatamente le sue esigenze e in un clima di felicità, amore e comprensione. Terminato questo percorso informativo (a seguito del quale Vi verrà rilasciato un certificato che dovreTe poi allegare alla domanda), i futuri aspiranti genitore potranno depositare, presso la cancelleria del Tribunale per i Minorenni del luogo nel quale risiedono, l’istanza di disponibilità all’adozione (che resterà valida per tre anni). Istanza alla quale dovranno allegare, oltre all’attestato di partecipazione al percorso informativo attivato dai servizi sociali, numerosa documentazione sulla loro situazione personale e lavorativa (certificati medici, dichiarazioni dei redditi, buste paga, eventuali condanne penali e procedimenti pendenti a carico). A questa documentazione dovrà essere anche aggiunta una dichiarazione di assenso dei futuri “nonni adottivi”.
Una volta ricevuta la domanda e ritenute sussistenti le condizioni per l’adottabilità, entro i 4 mesi successivi, il giudice minorile dovrà incaricare i servizi sociali di fissare con la coppia una serie di incontri, volti a esplorare, in modo più approfondito, l’habitat familiare e le personalità dei futuri genitori (per valutarne le potenzialità). Alla fine di questo iter, i servizi sociali trasmetteranno al tribunale una relazione di aggiornamento dettagliata sui coniugi.
La coppia ritenuta idonea all’adozione viene inserita in una lista, in attesa dell’abbinamento al minore, italiano o straniero, che, nel frattempo, è stato dichiarato adottabile dal Tribunale per i minorenni. Dopo un primo periodo conoscitivo tra la coppia e il bambino, inizia la fase delicata e monitorata dell’“affidamento preadottivo”, che dura almeno 12 mesi durante i quali il bambino già vive stabilmente nella nuova famiglia.
Solo al termine di questo periodo e dopo la positiva relazione degli assistenti sociali, l’adozione, con provvedimento del tribunale, diviene finalmente definitiva. E l’adottato assume a tutti gli effetti lo status di figlio. Pertanto, caro futuro papà, il procedimento da intraprendere, sebbene certamente lungo e a volte difficile, è una lotta d’amore. Non bisogna abbattersi davanti alle difficoltà, bisogna andare avanti: si arriverà alla fine e sarà l’inizio di una nuova storia, meravigliosa e imprevedibile come la vita. Del resto, credo fermamente che i figli siano di chi li cresce.
* Studio Legale Bernardini de Pace