di Dott. Alice Meggiorin
Gentile Avvocato, mi chiamo Andrea e sono un creatore di contenuti web, in particolare di fumetti digitali. Nell’ultimo anno, complice l’incremento dell’utilizzo di internet per via della pandemia, ho iniziato a condividere molti dei miei lavori sul mio blog e sono molto soddisfatto del successo che stanno avendo. Tuttavia, molti utenti hanno iniziato a ricondividere le mie creazioni sui social network, come Facebook o Instagram, omettendo il mio nome e così i miei lavori stanno avendo una diffusione incontrollata, senza poter essere riconducibili a me. Questi utenti hanno il diritto di farlo o le loro condotte sono in qualche modo perseguibili? O visto che i miei contenuti sono digitali e non cartacei non possono essere protetti?
Gentile Signor Andrea,
come da Lei correttamente riconosciuto, il periodo di lockdown che ha coinvolto il nostro Paese negli ultimi tempi ha comportato un incremento smisurato dell’utilizzo di internet e, in particolare, dei social network. Tuttavia, molto spesso gli utenti utilizzano queste piattaforme di nuova generazione in maniera indiscriminata, senza porsi alcun quesito in merito alla legittimità delle proprie azioni, quasi come se si trovassero all’interno di una bolla, sconnessa dalla realtà, ove alle proprie condotte, seppur errate o inopportune, non segue alcuna conseguenza.
Purtroppo, ciò è frutto del fatto che la tecnologia si sta evolvendo con una velocità tale da permettere una condivisione rapida e incontrollata di contenuti sul web, mettendoli in pochi secondi potenzialmente a disposizione di tutto il mondo. Il diritto, invece, non vanta suo malgrado la stessa rapidità di evoluzione e quindi ci troviamo attualmente in una situazione totalmente sbilanciata, nella quale milioni di utenti hanno a disposizione tecnologie pensate ad hoc per diffondere i contenuti, mentre le norme giuridiche rimangono calibrate su una realtà predigitale.
I singoli social network, pertanto, hanno cercato di intervenire in punto regolamentazione della proprietà intellettuale online, ponendo delle linee guide alle quali l’utente deve attenersi e che lo informano in merito ai rischi correlati all’utilizzo improprio di contenuti altrui. Solitamente i termini e le condizioni d’uso di tali piattaforme prevedono che il fornitore del servizio possa rimuovere i materiali che violano il diritto d’autore, ponendo addirittura l’obbligo a suo carico in caso di notifica di una violazione.
Il comune denominatore di ogni social network, tuttavia, è la normativa – seppur datata e non pienamente calzante con la digitalizzazione in corso – che regola il settore della proprietà intellettuale, cioè la legge sul diritto d’autore, n. 633/1941. Essa stabilisce che l’autore di un’opera ne acquisisce i diritti di tutela con la semplice creazione dell’opera stessa, laddove questa rientri nelle tipologie di opere contemplate. In questo senso, non vi è dubbio che i Suoi “fumetti digitali” rientrino nel parterre delle opere tutelate, in quanto sono indubbiamente ascrivibili alle categorie delle “arti figurative” (richiamate dall’art. 1 della legge sul diritto d’autore) e dell’“arte del disegno” (richiamata all’art. 2 n. 3 della legge sul diritto d’autore). Il requisito essenziale è proprio quello del carattere creativo, cioè il fatto che l’opera sia sufficientemente nuova e originale e non la semplice riproduzione di qualcosa già creato da altri o una mera elencazione di dati.
E non vi è alcun dubbio tra gli interpreti che il diritto d’autore si applichi anche sui contenuti digitali diffusi tramite internet e funzioni per questi con i medesimi meccanismi (il fatto, invece, che su internet la copia e la diffusione di opere risulti ben più facile e che la condivisione sia una delle caratteristiche tipiche di questo nuovo mezzo di comunicazione, è purtroppo un’altra faccenda).
Dall’applicazione analogica di questa normativa – che richiede l’autorizzazione espressa dell’autore affinché un’opera venga diffusa – deriva che è permesso a chiunque accedere ai contenuti coperti da diritti di proprietà intellettuale e condividerli sui social network, ma non è consentito riprodurre e diffondere tali contenuti senza il consenso del titolare dei diritti.
Infatti, qualora si pubblichino materiali protetti senza autorizzazione, creando un collegamento ipertestuale a essi e/o incorporandoli in una pagina web personale o mettendoli a disposizione dei propri contatti (sui social network, in particolare, le condivisioni possono avvenire in pochi istanti con migliaia di persone), si è direttamente responsabili per la pubblicazione ed è molto probabile che tale attività violi il diritto d’autore. Tale violazione comporta, per la parte lesa, la possibilità di rivendicare la paternità dell’opera (“diritto morale”) e opporsi eventualmente a qualsiasi modificazione della stessa, ma anche il diritto a ottenere gli introiti economici conseguenti allo sfruttamento commerciale dell’opera (“diritto patrimoniale”).
La principale via di tutela per il titolare del diritto d’autore su una determinata opera è quella giudiziale. L’art. 163 della legge n. 633/1941, infatti, prevede che “il titolare di un diritto di utilizzazione economica può chiedere che sia disposta l’inibitoria di qualsiasi attività (…) che costituisca violazione del diritto stesso”, mediante la più rapida forma di tutela cautelare.
In questo modo, il giudice è chiamato a inibire il terzo che ricondivide impropriamente il contenuto digitale senza darne atto della paternità dal compiere ulteriori azioni di sfruttamento dell’opera. Inoltre, il comma 2 della medesima norma, stabilisce che, nell’ambito della pronuncia dell’inibitoria, il giudice possa “fissare una somma dovuta per ogni violazione o inosservanza successivamente constatata o per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento”, così da rafforzare la tutela nei confronti del titolare del diritto d’autore.
Tuttavia, nell’ultimo decennio, si è fatta strada una ancor più rapida forma di tutela, questa volta sì mirata alla protezione dei contenuti digitali: la segnalazione all’Autorità per le Garanzia nelle Comunicazioni (Agcom). L’interessato che ritenga di essere stato leso nel proprio diritto d’autore deve innanzitutto, mediante la compilazione di un apposito modulo, inoltrare una segnalazione formale all’autorità, contenente l’istanza per la rimozione del contenuto digitale abusivo. A essere tutelate dall’Agcom sono le “opere digitali” ossia le opere, o parti di esse, come un brano audio, un filmato, una fotografia, un disegno, un’opera letteraria ecc., purché diffusi su internet.
La procedura ha luogo esclusivamente online e la durata è piuttosto breve, da un minimo di 12 giorni lavorativi (in caso di procedimento abbreviato per gravi lesioni) a un massimo di 35 giorni lavorativi. L’Agcom solitamente compie un preventivo vaglio di ammissibilità e ricevibilità dell’istanza e provvede, in un secondo momento, ad avviare l’istruttoria, all’esito della quale in caso di ritenuta mancata lesione l’istanza viene rigettata, mentre in caso di rinvenimento di un illecito, viene inviata una comunicazione al colpevole, nella quale gli viene intimato di cancellare il contenuto. Si tratta di una procedura, quindi, piuttosto rapida e snella che ha come unico – e comprensibile – limite il fatto di non poter essere avviata laddove, tra le medesime parti, penda già una causa giudiziaria.
Tutto ciò premesso, gentile Signor Andrea, credo che le Sue creazioni digitali abbiano tutto il diritto di essere tutelate sulla base della normativa sul diritto d’autore e La invito, pertanto, a servirsi della forma di tutela che ritiene più adeguata al Suo caso, considerando la peculiarità che la tutela fornita dall’Agcom garantisce a contenuti digitali come i Suoi. In bocca al lupo!