di Avv. Francesca Albi
“Sono separata e mio figlio, non ancora economicamente autosufficiente, vuole iniziare l’università in un’altra città. Potrebbero revocarmi la casa familiare?“.
Caro Avvocato, io e mio marito siamo separati da qualche anno e mio figlio, maggiorenne non ancora economicamente autosufficiente, vuole iniziare il percorso universitario in un’altra città. Le chiedo: se interrompe la convivenza con me – pur rientrando a casa durante le vacanze e durante i periodi di pausa dalle lezioni – il giudice potrebbe revocare l’assegnazione a me della casa familiare?
Sicuramente l’assegnazione della casa familiare è uno dei temi più delicati da affrontare durante la crisi matrimoniale.
Il Giudice della separazione (o del divorzio) decide a quale dei genitori deve essere assegnata la casa familiare, tenendo conto del prioritario interesse dei figli. La natura del provvedimento di assegnazione risponde all’esigenza di tutelare la prole affinché mantenga l’habitat domestico in modo tale da rendere meno traumatico il cambiamento di vita causato dalla crisi del nucleo familiare.
L’assegnazione è strettamente legata al collocamento del figlio: se è collocato prevalentemente presso la madre l’immobile sarà a lei assegnato. Ma cosa succede, come nel Suo caso, quando il figlio diventa maggiorenne e si trasferisce in un’altra città per iniziare il percorso di studi universitari? Premetto che nessuna norma chiarisce quando scatti esattamente la revoca dell’assegnazione della casa familiare; pertanto, è stato compito della giurisprudenza colmare il vuoto legislativo.
Generalmente, quando il figlio cessa di convivere stabilmente con il genitore assegnatario oppure raggiunge l’autosufficienza economica, il coniuge “interessato” e cioè il proprietario dell’immobile può chiedere la revoca dell’assegnazione della casa familiare. D’altro canto, la giurisprudenza più recente ha ritenuto che si possa continuare a parlare di “coabitazione con il figlio” anche quando il ragazzo, maggiorenne, ma non ancora indipendente, si allontana per studiare fuorisede. Deve però sussistere una condizione: che il figlio rientri abitualmente a casa nei periodi di interruzione dalle lezioni, nei periodi di vacanza e magari durante qualche weekend; in questo modo non viene meno né il collegamento stabile con l’abitazione del genitore né la sussistenza della convivenza. Se, invece, il ragazzo non fa regolarmente ritorno nella casa familiare, allora si ritiene che la convivenza sia venuta meno. Per la giurisprudenza non rileva la mancanza di convivenza quotidiana, quanto lo “stabile collegamento” tra il figlio e l’abitazione dove vive ancora il genitore. Quindi, se Suo figlio deciderà di trasferirsi in un’altra città per frequentare l’Università, Lei non perderà il diritto all’assegnazione della casa familiare se il ragazzo manterrà, compatibilmente con le esigenze di studio, uno stabile collegamento con la casa familiare, facendovi ritorno regolarmente.