Lo scenario delle separazioni e dei divorzi è sensibilmente cambiato negli ultimi 3 anni. E, purtroppo, non in meglio. Si sono susseguite, dopo 20 anni di immobilismo, leggi (affido condiviso e miniriforma del processo) che hanno portato solo confusione. Dunque, incertezza del diritto a causa della molteplicità di interpretazioni delle norme da applicare; il che porta i coniugi a litigare di più, a ingolfare i Tribunali (dove gli organici sono tristemente miseri) a esasperare giudici che non sempre hanno la pazienza e la serenità necessarie a decidere il futuro di uomini, donne e bambini (basti pensare a quanto successo a Gravina di Puglia e a Reggio Emilia dove erano stati affidati i figli a un futuro presunto assassino). Si allungano così i tempi per chi, a buon diritto, pretende di ricostruire la sua vita su basi regolate da norme e principi chiari e direttivi. L’insensibilità del legislatore si è però spinta oltre: oggi separarsi e divorziare costa di più. E non certo perchè gli avvocati siano diventati più cari, ma a causa delle nuove leggi frutto di compromessi bipartisan. In primo luogo, a differenza di quanto comunemente si pensa, la nuova legge sul processo civile non ha istituito la possibilità della separazione senza avvocati, ma semmai l’ha resa più difficoltosa. Separarsi da soli, prima, era un diritto riconosciuto da tutti i Tribunali, che ammettevano il procedimento senza i legali. Oggi, invece, la nuova formulazione dell’art. 708 del codice di procedura civile, sembra escludere questa possibilità, tanto che in alcuni Fori ci vogliono gli avvocati; in altri ci si può separare ma non divorziare da soli; in altri ancora divorziare da soli si può, ma non separarsi. L’ennesima disparità di trattamento tra cittadini dello stesso Stato. Il che dipende non dal potere discrezionale dei giudici, ma dal loro potere dirigenziale. In secondo luogo, la legge del 2006, mentre ha snellito i giudizi ordinari, con conseguente abbattimento dei costi, ha allungato i tempi di divorzi e separazioni, prevedendo, obbligatoriamente, un atto giudiziario in più (la c.d. memoria integrativa) rispetto alla vecchia legge. Separarsi e divorziare (per chiunque, ricchi e poveri) dunque costa oggi almeno 1.200,00 € in più. I tempi, poi, sono sempre più vergognosamente lunghi. Per una separazione o un divorzio consensuali, a Milano per esempio, si devono aspettare 6/7 mesi. Se invece si litiga, si rischia di attendere anche 3/4 anni la sentenza di primo grado, e fino a 8/10 se si interpella la Cassazione. Facile, demagogico e populistico sarebbe dare la colpa solo ai magistrati. E’ vero che alcuni giudici decidono con pre-giudizio e secondo tempi più rispettosi di se stessi che della richiesta di giustizia, ma è anche vero che sono talmente oberati dal carico di lavoro da dover necessariamente rinviare le udienze anche da un anno all’altro. E’ poi convinzione molto diffusa che gli avvocati siano ancora peggio e che allunghino i tempi per interesse economico o disinteresse personale. La scelta dell’avvocato è delicata, è vero. L’incompetenza può pregiudicare la causa e la vita di un cliente. Ma il più delle volte gli avvocati sanno come risolvere i problemi, ogni volta differenti e peculiari, provocati proprio da quel tipo di cliente che ammorba i procedimenti col rancore e la malafede; che poi, dopo avere massacrato con ansie e dolori il difensore, al momento del pagamento della parcella dice: ma come, tanti soldi per due paginette di una separazione consensuale? Quel cliente, non capisce quanto siano importanti quelle “due paginette” (a volte, in verità, anche dieci) necessarie a riordinare la sua vita futura dopo un matrimonio che l’ha devastata. Non comprende che è rischioso, usare uno dei tanti moduli che circolano in rete, per risparmiare qualche euro, senza rendersi conto che una parola in più o in meno può cambiare il senso e le conseguenze di un presunto accordo. Soprattutto non si rende conto che la sua vita merita attenzione, anche se costosa, e quindi non può essere ridotta a un generico prestampato.