Dunque, molti uomini – imprenditori, politici, professionisti o altro che siano – hanno ormai mostrato tutta la loro negatività. I giornalisti, già consapevoli delle proprie ingovernabili debolezze, comuni agli uomini privi di volontà, hanno infatti saputo seguire le facili piste e scoperchiato pentole in cui ribolliva il solito antico minestrone del sesso. Non se ne può più di questa zuppa, che emana l’odore stantio di un tinello anni 50. Lo sappiamo, purtroppo, certi uomini sono incurabili; cresciuti nel mito dell’erezione a ogni costo, spendono e spandono la dignità per gareggiare tra loro a chi sa innalzare il più lungo granpavese di mutandine conquistate. Ma ciò che è triste, veramente triste, è che non devono fare nessuna fatica a conquistarle. Perché di mutandine ne piovono a scrosci ovunque vi sia un uomo dotato di un minimo di potenza. Sociale o economica naturalmente. Quella sessuale, infatti, è un dettaglio che solo gli uomini considerano rilevante. È con grande imbarazzo, quindi, che le donne serie e leali osservano le loro simili (?) offrirsi impudiche, avide, sgangherate e sempre impegnate a guadagnarsi qualcosa: denaro, notorietà, sistemazione. Il che poteva persino essere comprensibile quando la donna era schiava, giuridicamente inesistente, bisognosa di affrancarsi. Ma oggi, nel 2009, dopo la vittoriosa rivoluzione femminista, con la pari dignità giuridica raggiunta, l’orgoglio della differenza sbandierato, le uguali opportunità sociali, che schifezza è quella di usare il sesso come moneta di scambio? E per di più con la complicità di amici, genitori, fratelli. Senza trascurare di dire che, non paghe dell’indecoroso e strumentale comportamento, le odierne baccanti non vedono l’ora di raccontarlo urbi et orbi, premunendosi di registratori audio-video per dare la prova che effettivamente, e senza alcun ragionevole dubbio, sono puttane patentate. Se questo è il trend vincente della figura femminile del ventunesimo secolo, mi inchino alle storiche prostitute di professione che hanno la lealtà di dire prima il loro prezzo e onorano poi l’etica della riservatezza professionale. Queste donne, invece, viziate e ingorde, senza alcun talento ma incerte se fare la professionista, la moglie del capo o la star, rappresentano la malafede per eccellenza, l’antifemmina epocale, il virus che ogni uomo dovrebbe temere. Un virus silente e sicuramente mortale, perché annienta anche l’identità professionale, famigliare e sociale di chi è stato contagiato. Queste erinni dell’apparire sono prive di misericordia. Anche verso se stesse. Con quella faccia da bambine, troppo truccate forse per gioco, e quei modi di fare che titillano l’immaginario maschile fino ad anestetizzarne il cervello, agganciano l’uomo, lo spezzano con la morsa implacabile delle loro volonterose gambe e non mancano di registrare e conservare ogni fotogramma di questo uomocidio. Perché l’obiettivo non è mai il cuore di uomo, ma la sua immagine da sventolare vittoriose alle colleghe serial killer e alla stampa. Questa specie di donne disonora tutte quelle che ogni giorno combattono per difendere la dignità e i diritti conquistati; offende la maternità, la fatica orgogliosa di vivere; rinnega il vigore e il valore degli abbracci accoglienti; disprezza i sentimenti e l’amore soprattutto. Questa specie di donne, branco di cavallette voraci, sta nutrendosi fino ad estinguerla, della specie più debole e indifesa che ci sia: il maschio.