Condannati per l’eternità nel girone dei lussuriosi, Paolo e Francesca restano alla storia, nei termini poeticamente descritti da Dante, come gli addolorati interpreti del peccato di chi non ha saputo anteporre alla pulsione amorosa i precetti morali. Nel XXI secolo, i precetti morali sono evaporati, a favore d’un malinteso diritto individuale alla felicità, al piacere, ad avere tutto. I matrimoni, che all’epoca erano quasi sempre frutto di scelte familiari, di interessi politici, di accorte strategie patrimoniali, oggi invece sono liberi percorsi progettati nel consenso assoluto della coppia. Consenso che può essere revocabile, per legge, con la separazione che, in genere, prelude al divorzio. Eppure l’adulterio, che da qualche decennio non è più reato, costituisce quasi un allarme sociale: le statistiche dell’ottobre 2010 ci raccontano che il 55% dei mariti e il 45% delle mogli hanno tradito almeno una volta; che il 60% approfitta della pausa pranzo; che, tra tutti i tradimenti, il 70% si risolverebbe in una “scappatella”, mentre il 30% si trasformerebbe in relazioni stabili. E’ un allarme sociale; non solo perché uno psicologo giapponese sostiene che chi tradisce è più stupido della media e certamente inaffidabile nei rapporti di lavoro, ma anche perché il fedifrago – se il coniuge non tollera o non si adegua – dà luogo, oltre al dolore, a una serie di costi evitabili: psicologi, tranquillanti, avvocati, investigatori e, in ogni caso, cioè anche prima del divorzio, alla duplicazione delle spese familiari. Il matrimonio, dunque, è una scelta libera. Ma non sempre abbastanza consapevole e meditata. E, pertanto, precaria. Ne sono prova i tradimenti e le decine di migliaia di separazioni, in crescita ogni anno. Ciascuna di queste storie, frutto di ordinaria irresponsabilità affettiva e banale ricerca di emozioni, difficilmente sarà raccontata nel cuore prezioso di una Divina Commedia. In quel tempo, “galeotto fu il libro” che travolse nella passione i due amanti; oggi, complici sms e mail capaci di insinuarsi ovunque si trovi l’oggetto dell’interesse clandestino, per raggiungerlo e consumare tradimenti seriali, i “peccatori carnali” si sono moltiplicati. E non sono più, come Paolo e Francesca, anime “affannate” per sempre unite nella “bufera” instancabile che le trascina, bensì uomini e donne che rincorrono la trasgressione e si rincorrono tra loro, senza sosta e senza vergogna. Neppure per il dolore che, con bovina indifferenza, sanno spargere sugli altri.