Se dobbiamo parlare di quegli animali dei coniugi in guerra, non ci riferiamo ora alle persone rabbiose e vendicative, ma proprio ai cani, ai gatti e persino ai serpenti che possono costituire l’insolito oggetto del contendere. O persino la causa determinante la separazione. Nel 2010 sono stati, infatti, gli animali a essere protagonisti di oltre 50 mila contese giudiziarie. Non solo perché micce di bombe a orologeria condominiali, in quanto portatori di rumore, disordine, sporcizia e danneggiamenti – per evidente incuria dei loro padroni – ma anche perché trofei da conquistare da parte di entrambi i coniugi in via di separazione o dichiarato motivo di paralisi del desiderio sessuale. L’ultima storia ha come scenario Trento. Due coniugi si azzuffano perché lei pone in cima alla scala gerarchica delle sue priorità il cane: in funzione dell’amico a quattro zampe della donna, viene modulata infatti la vita coniugale, sociale e affettiva della coppia. La scelta delle ferie, del ristorante, del cinema o della cena tra amici impone che vi sia una chance perché anche “lui” vi possa partecipare. Probabilmente anche i momenti dedicati al sesso, sono più o meno ritmati sui bisogni del cane. Il marito, offeso dalla quotidiana postergazione della propria dignità e delle aspirazioni connesse al progetto di coppia, lascia la “cuccia coniugale” e chiede la separazione con addebito alla moglie della responsabilità della frattura matrimoniale. Poco tempo prima, un altro marito aveva chiesto all’AIDAA (Associazione Italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente) di sfrattare d’urgenza dal letto coniugale il gatto, imposto dalla moglie, poiché freno inibitore di qualsiasi attività sessuale. La moglie, più giovane di vent’anni, si era difesa sostenendo che la presenza del gatto, cosiddetto voyeur, non fosse altro che un alibi del marito, ormai inabile di per sé. Ricordo che oltre vent’anni fa, quando l’affido condiviso era di là da venire, suggerii a una coppia che si stava separando, di dirimere il contenzioso accesissimo sulla proprietà del cane e del gatto, tenendoli in affido congiunto e alternato uno alla volta ciascuno. L’idea piacque e per circa un anno i coniugi si incontravano per lo scambio degli animali ogni quindici giorni. Finché entrambi furono costretti a recarsi dal veterinario, perché gli animali presentavano disturbi all’umore e una sorta di disarmonia affettiva. Il veterinario, a differenza di ciò che pensano molti genitori sconsiderati, e molti giudici sulla serenità psicologica dei bambini, ritenne che fosse necessario garantire alle bestiole un periodo di stabilità nello stesso territorio, affinché riacquistassero l’equilibrio emotivo e la ridefinizione dei loro confini ambientali. Fu così che la coppia, ormai separata, decise di riunirsi per l’estate nella comune casa di campagna non ancora venduta, immolandosi sull’altare del sacrificio per amore del cane e del gatto. E fu così che non si lasciarono mai più, perché da quell’estate terapeutica spuntò una gravidanza, attesa disperatamente nei frustranti dieci anni prima dell’estemporanea separazione. Secondo Danilo Mainardi le mamme dovrebbero imparare dalle femmine degli animali ad allevare i bambini, forse così potendo educarli meglio all’autonomia e non strumentalizzandoli mai. Freud addirittura, pensava che le persone siano incapaci di amare e confondano l’amore con l’odio, mentre i cani sanno amare gli amici e mordere chi è loro ostile. Si incontrano persone così innamorate della loro bestiola che, per esempio, non fumano in loro presenza se sanno che procura starnuti a ripetizione; rinunciano a prendere l’aereo per non costringerla alla tortura della stiva; vivono il lutto della sua morte fino al punto di dimagrire e andare in depressione. Certo, considerando le storie coniugali che si frantumano a causa della presenza ossessiva di un cane e di un gatto, verrebbe voglia di approfondire meglio le consistenze sentimentali in discussione: dati per scontati l’affetto per gli animali, gli scodinzola menti, le fusa e gli sguardi dolci, c’è da chiedersi se dal coniuge si pretende altrettanto (e non c’è), oppure se, a parità di fusa e di affettuosi lambire, le moine coniugali non vincono il confronto e appaiono deludenti. E, dunque, prima di accusare le bestie, sarebbe bene un esame di coscienza da parte degli uomini e delle donne che si lamentano della presenza opprimente e tormentosa di un cane e di un gatto sul talamo coniugale. Ha in sé qualcosa di affascinante e misterioso lo studio delle relazioni tra uomini, donne e animali. Forse perché gli animali si astengono da ogni commento, e noi possiamo interpretare la dinamica delle relazioni secondo il nostro carattere e i nostri valori. Mi piacerebbe sapere, per esempio, cosa pensano le rane delle donne che tradiscono se stesse mascherandosi con botox e silicone: le rane sono l’etica dell’antiestetica, giacché, grasse, brutte, rugose, sgraziate come sono, cantano rauche e felici tutto il giorno. E riescono a trovar marito senza drammi, ripopolando sistematicamente gli stagni. Le donne, invece, anche quelle che diventano avatar di se stesse pur di trovare un uomo, trascurano poi il marito per dedicarsi a un cane. Sarà forse vero, allora, che più si conoscono gli uomini, più si apprezzano i cani?