Oltre il Fatto, ci sono i fatti. Un’attrice viene fotografata per strada con un collega, in atteggiamenti che possono anche prestarsi a equivoci, tenuto conto che la Signora in questione non è single. Una rivista, cosiddetta “della famiglia”, acquista e pubblica il servizio, non trascurando di svelare che ci sono stati tentativi di impedirne l’uscita. Un quotidiano, di provata fede sinistra, giudica l’uscita del pezzo una rappresaglia della destra, giacché l’attrice avrebbe mostrato inimicizia verso il premier. Gli avvenimenti descritti in poche righe, portano con sé problematiche giuridiche che richiederebbero un sostanzioso tomo per essere affrontate e spiegate. Sì, perché da una pur innocente passeggiata possono emergere questioni di diritto di cronaca, privacy, censura, libertà, identità personale e professionale, reputazione, violenza, lealtà. Senza che chi vi è coinvolto se ne renda conto. Parte di questi argomenti, tuttavia, non sarebbero neppure stati sfiorati, e il servizio fotografico – forse – avrebbe creato esclusivamente problemini da chiarirsi dentro i confini familiari, se il Fatto, invece di limitarsi ai fatti, non avesse applicato la logica del sospetto. Così dando la stura al solito processo alle intenzioni; così creando schieramenti bellicosi. Così, in sostanza, finendo col pubblicare esso stesso, un quotidiano sontuosamente politico, una notizia, in genere, giudicata da negozio di parrucchiere. Perché potesse avere la dignità di infilarsi tra righe sapienti e altezzose, il gossip, dunque, meritava di essere rivestito di un colore politico. Tutto qui: il danno – se c’è stato – alla malcapitata protagonista dei fatti, ha la sua origine nella golosità del Fatto di raccontare un pettegolezzo, camuffandolo però da indignazione moralpolitica. E dico questo per difendere la professionalità del giornalista che, così facendo, ha commesso un peccato veniale. Avrebbe commesso un peccato mortale, invece, se fosse totalmente ignorante del suo codice deontologico e delle norme civilistiche in proposito. Suppongo, quindi, che l’audace sospettoso abbia finto di dimenticare che i personaggi della politica, dello sport, dello spettacolo, e tutti quanti esercitano funzioni pubbliche, godono di una tutela affievolita della loro riservatezza, proprio in ragione della notorietà acquisita. Per tutti loro la sfera privata deve essere rispettata, se le notizie non hanno rilievo sulla vita pubblica. Solo gli interessati, quindi, hanno diritto a rivelare le vicende privatissime; e ciò possono fare o con dichiarazioni o con pubblici comportamenti. E’ un pubblico comportamento, lo scambiarsi effusioni per la strada. E’ un pubblico comportamento, coinvolgere varie persone per arrivare al direttore del giornale e raccontare i fatti propri. Le foto pubblicate non possono avere un carattere privatissimo, giacché scattate nella pubblica via. Dunque, il personaggio pubblico ha contribuito a rinunciare alla sua privacy. D’altra parte, il servizio fotografico pubblicato sulla “famigerata” rivista di destra, in sé è sostanzialmente delicato e non particolarmente lesivo dell’immagine dell’attrice. E’ stato onorato il diritto di cronaca. Il direttore e il giornalista non hanno subìto la richiesta censura preventiva. L’attrice, maldestramente difesa dal baldanzoso sobillatore politico, è dunque stata inconsapevolmente strumentalizzata: con l’amplificazione e la coloritura del Fatto. Certamente ci sono spiegazioni più concrete nel territorio familiare. Al di là della politica e della spietata concorrenza fra giornali. Al di là degli equivoci, obiettivi o pretestuosi. Al di là di ogni nostra possibile immaginazione, non possiamo sapere, e non dobbiamo pretendere di sapere, né di insinuare, che cosa ci sia nella storia di una coppia e di una famiglia; in quale modo si esprimano l’amore e la lealtà reciproci. Le fotografie possono raccontare ciò che si può vedere, ed è un diritto pubblicarle se il personaggio richiede l’attenzione del pubblico in funzione del ruolo professionale. La cronaca quotidiana attiva il diritto dovere di qualsiasi giornalista a raccontarla, nel rispetto della sua etica professionale. C’è, però, un mondo di sentimenti, pensieri, accordi, tensione o solidarietà coniugale, che nessun giornalista – di destra o di sinistra che sia – si deve mai permettere di dare per scontato. Tantomeno anche solo lambirlo con insinuazioni malevole e arbitrarie. Il territorio dell’amore è misterioso e lastricato di strade, sentieri, viottoli e scorciatoie: alcuni senza uscita, altri che svelano dietro l’angolo inaspettate autostrade. Ai giornalisti è vietato rigorosamente l’accesso.