Per quanto apprezzi Papa Bergoglio e per quanto sia rimasta ammirata in genere dai suoi concreti suggerimenti comportamentali, non riesco a seguirlo sul matrimonio e sulle regole che ha lanciato per farlo durare. Anzi. Mi suscita però un’immensa tenerezza quel suo ottimismo generoso, fondato sui “per piacere”, “scusami”, “facciamo la pace”. Tutte le mamme del mondo hanno insegnato e insegnano ai figli a comportarsi in questo modo, con gentilezza, in casa e con i compagni. E i bambini quasi sempre si adeguano. Fino ad avere circa dieci anni. Dopo, emergono i caratteri individuali, la competitività, la rabbia, la voglia di sopraffazione. L’individualismo. Il senso dei propri diritti. E queste caratteristiche si solidificano nel tempo. Vengono parzialmente modificate e attutite nella confusione erotico-ormonale-progettuale che porta al matrimonio, per poi riemergere implacabili nello scenario casalingo, nella quotidianità dei ritmi, dei problemi, della ripetizione. Le mogli tendono a privilegiare il ruolo di madre, sovente trascurano (solo con il coniuge) la capacità di seduzione, si lacerano tra famiglia e lavoro, tralasciano di apprezzare le qualità dei mariti e si fissano sulle loro debolezze; molti mariti, a loro volta, si sentono imprigionati nell’abitudine, si deprimono e trovano sollievo solo nel seguire l’obiettivo del piacere personale che – inesorabilmente – passa dal tennis, al circolo degli amici, per arrivare alla caccia di fringuelle spensierate.,E’ un osservatorio un po’ contaminato il mio, certamente. Non escludo, tutt’altro, che ci siano coppie di lunga vita come quelle auspicate dal Papa. Tuttavia posso dire che non lo sono certamente per i sistematici “scusami” e “per piacere”, che, invece, in linea di massima cominciano a comparire nella coniugalità, all’improvviso, quando c’è un tradimento da nascondere e, così facendo, si spera di non essere sgamati.,La formula del matrimonio perfetto non esiste. Purtroppo. La chimica della storia matrimoniale è affidata a due individui che, già di per sé, sono incompatibili e che credono di potere essere in sintonia per realizzare un bellissimo progetto insieme. Poi c’è la vita, la fortuna o la sfortuna, i caratteri, la disattenzione, i dolori, persino i figli, che provocano quotidianamente il rischio del distacco e del frantumarsi progressivo di quell’iniziale obiettivo comune. Una disgregazione che il Papa è convinto si possa evitare affidandosi a un protocollo di gentilezza. Le tre parole magiche della formula? “Permesso” per non invadere, dice il Papa. Ma ve li immaginate i coniugi che chiedono permesso prima di esaminare il cellulare, il computer o la borsa dell’altro? Bisogna avere fiducia, direte voi. Provate a dirlo, rispondo io, a tutti i traditi che hanno regalato fiducia assoluta in cambio di ingiuria e dolore e ora sono soli. “Grazie” dice il Papa, per quello che ognuno ha fatto per l’altro. Potete pensare solo per un momento ai grazie che dovrebbe ricevere ogni sera un marito che ha combattuto tutto il giorno sul lavoro, sulla strada e nella sua testa da una moglie che, nel frattempo, ha guerreggiato tra bambini, insegnanti, medici, magari anche parcheggi e pure sul lavoro?,In pratica, una serie di litanie al vespero sull’uscio di casa, mentre i bimbi approfittano per un cartone in più e squilla il cellulare di entrambi i coniugi: così si può essere grati e gratificati?,”Scusa” conclude il Papa, dobbiamo dirlo perché tutti noi sbagliamo. Ma il Papa dimentica la verità profonda incisa nel tempo e lasciataci dal film “Love story”: “Amare significa non dover mai dire scusa”. Perché, se chiedi scusa, hai già sbagliato; e gli sbagli in amore e nel matrimonio sono imperdonabili e non cicatrizzabili.,Si può accettare qualsiasi cosa per interesse personale, ma non per amore; soprattutto se per amore si è già offerta l’altra guancia dopo il primo schiaffo. Come si può fare un regalo, a qualcuno, lealmente e con convinzione, dopo essere stati profondamente feriti o delusi da questo qualcuno? Perdono significa appunto regalo: per dono. Amore e matrimonio, quando coincidono, non durano grazie alle parole, anche le più gentili. Si nutrono, invece, di fatti, di prove e tantissima fortuna.,Annamaria Bernardini de Pace,