Di Annamaria Bernardini de Pace
Lo Stato può e deve intervenire quando i genitori, con le competenze e con le capacità personali, non riescono più a svolgere il loro ruolo e, soprattutto, sono incapaci di affermare la loro responsabilità.
A tutela di questa possibilità, la legge dello Stato prevede, per esempio, che il pubblico ministero sia obbligato a partecipare ogni volta che c’è una causa di diritto di famiglia o riguardi lo stato delle persone.
Ancora. Sempre nelle cause familiari, quando i giudici si rendono conto che né loro né noi avvocati riusciamo ad aiutare genitori e figli, nelle famiglie devastate dalla crisi e dal disagio, obbligano i servizi sociali a intervenire e spesso dispongono l’affidamento etero-familiare. A volte, allontanano dai figli il genitore maltrattante o distruttivo.
Quindi, se lo Stato può intervenire, deve anche rispondere e accogliere.
Per esempio, la storia di Patrizia Mirigliani e di suo figlio ha turbato l’opinione pubblica, perché una madre ha denunciato il figlio. Addirittura, gli snob e incompetenti si sono permessi di criticare il comportamento della madre; forse perché nell’immaginario italiano “son tutte belle le mamme del mondo” e, soprattutto, sono tutte buone, accoglienti e pronte al perdono. E anche “i figli sono piezz ‘e core” è uno stereotipo profondamente sbagliato. Siamo circondati persino da madri violente, abusanti, incapaci e irresponsabili. E da figli a volte drogati e cattivi. Bisogna subire tutto? Fare finta di niente? Chiudere gli occhi ed essere ipocriti?
Patrizia Mirigliani, invece di nascondersi e di affidarsi al fato, ha compiuto un grande gesto d’amore: ha chiesto aiuto, affidandosi alla competenza altrui, senza vergognarsene, senza proteggere la propria immagine di donna famosa. Ha denunciato i reati del figlio. Con un atto di difficilissima e apprezzabile umiltà, ha detto: “Ho bisogno di aiuto.” E l’ha detto allo Stato, chiedendo l’applicazione degli strumenti giuridici che lo Stato ha a disposizione per intervenire. Anche per essere protetta.
Nella specie, credo che Patrizia Mirigliani abbia chiesto l’applicazione dell’ordine di protezione per se stessa, a fronte di un figlio che, drogato da anni, la derubava, l’aggrediva, la offendeva e la sottoponeva a continue estorsioni. Ha aspettato tanti anni prima di farlo, e questa è la prova della sua generosa illusione di madre. Quando ha provato qualsiasi cosa e non è riuscita a risolvere questo gravissimo problema, ha deciso di chiedere aiuto, per sé e per il figlio.
Dobbiamo essere tutti vicini a Patrizia Mirigliani, dobbiamo esprimerle solidarietà e attenzione. Non dobbiamo condividere neanche per un secondo l’autodifesa di Nicola, che attacca ingiustamente la madre sfruttando il banalissimo concetto di madre buona, e, contemporaneamente, da solo, si “auto-etichetta” a vita come drogato, violento e incapace. E soprattutto, egoista e aggressivo verso la madre, quando dice di avere diritto al mantenimento fino ai 34 anni. Non è vero. Tutti abbiamo il dovere di perseguire l’autonomia economica. Il prima possibile, per non pesare sui genitori e sugli altri. Lui sarebbe dovuto esserlo quantomeno da una decina di anni.
Qualcuno, invece, gli ha suggerito il contenuto di un’ordinanza del Tribunale di Milano, del 2016, nella quale si diceva che il mantenimento dei figli maggiorenni non può proseguire a vita, ma ha l’asticella del limite nell’età dei 34 anni. Quindi, questo figlio problematico, invece di occuparsi della sua vita, pensa di avere il diritto al mantenimento ancora per i prossimi anni. In verità Patrizia Mirigliani, anche se lui ha 31 anni, l’ha mantenuto oltre i limiti di legge: chi non è autonomo oltre la maggiore età, per propria colpevole inerzia, non ha diritto neppure al minimo mantenimento. Quindi, tantomeno a 31 anni.
La denuncia proposta da Patrizia Mirigliani, con tutto il devastante dolore che l’avrà accompagnata, non servirà a punire le colpe di suo figlio, ma principalmente, dunque, a salvare la sua vita; quasi obbligandolo a ricercarne finalmente il senso. Perché i figli non sono solo figli nostri, ma soprattutto figli della vita.
Brava Patrizia, siamo tutti con te!
L’amore per un figlio non deve essere irragionevole, ma profondo e severo, come diceva Mazzini. E anche nutrito di dolore, come ci insegna questa madre, distrutta e fortissima.