Il mio ex marito non tiene mai i figli. Il giudice lo può obbligare?

Coercibilità del diritto di visita con i figli? Su Affaritaliani.it risponde l’esperto in materia

“Sono una mamma single con due figli di 5 o 8 anni. Il papà dei bambini dovrebbe tenerli con sé due fine settimana al mese e anche il mercoledì pomeriggio. Tuttavia, non rispetta mai il calendario di viste e non vede i bambini per mesi. Posso rivolgermi al giudice per obbligarlo a incontrare i nostri figli?”

Quando mamma e papà si separano, è importante ed essenziale che i minori continuino a mantenere un rapporto equilibrato con entrambe le figure genitoriali. Per questo motivo gli accordi che regolamentano i diritti e i doveri dei genitori (oppure i provvedimenti del giudice), prevedono un preciso calendario di giorni durante i quali il genitore che non abita con i figli dovrà incontrarli, trascorrere quotidianità ed esperienze con loro. Capita spesso che il genitore non collocatario combatta per avere tempi più ampi con i bambini. Ma capita, altrettanto spesso, che chi non vive con i minori non rispetti i tempi e i giorni di visita con loro. Si crea così una situazione nella quale il genitore che non tiene con sé i figli nei tempi stabiliti, non solo viene meno al proprio diritto/dovere di frequentare i minori, ma – con un effetto domino – viene meno al proprio dovere di educarli, di istruirli e di mantenerli direttamente. Dall’altra parte, il genitore che vive con i bambini inizia una vera e propria battaglia (fatta di messaggi, telefonate, suppliche e rimproveri) volta a convincere il genitore inadempiente che è essenziale che si crei un rapporto stabile e continuativo con i minori. Senza contare, come è giusto, che chi vive con i bambini potrebbe desiderare qualche ora da dedicare a se stesso, qualche fine settimana da poter condividere con il nuovo partner e così via.

Ma quali mezzi esistono per imporre l’adempimento del calendario di visite? La Corte di Cassazione, con la recentissima sentenza di marzo 2020, ha chiarito che il diritto di visita del figlio minore che spetta al genitore non collocatario non è suscettibile di coercibilità neppure nella forma indiretta (e cioè obbligando la parte inadempiente al pagamento di una “multa”). Questo perché il diritto di visita dei figli, per sua natura, è destinato a rimanere libero nel suo esercizio quale frutto delle autonome scelte di ciascun genitore. Prevedere la coercibilità degli incontri con i figli vorrebbe dire monetizzare il dovere di frequentazione che, invece, nell’interesse dei più piccoli, non dovrebbe essere imposto ma, tutt’al più, essere frutto di percorsi di rielaborazione e miglioramento dei rapporti affettivi. D’altra parte, allo stesso modo, nessuno può obbligare il minore a incontrare il genitore che non vive con lui. Le visite con il genitore non collocatario, infatti, sono un diritto dei bambini e sono, quindi, liberi di esercitarlo o meno senza che mamma e papà lo costringano. Da questo consegue che il padre (o la madre) non può pretendere che l’altro genitore imponga ai figli di rispettare il calendario di frequentazioni.

In linea di massima, quindi, la legge non prevede uno strumento che permetta causa-effetto di obbligare il pedissequo adempimento al calendario di visite. Tuttavia, il genitore collocatario ha il diritto di chiedere al giudice di modificare le condizioni del provvedimento che regolamenta i reciproci diritti/doveri, aumentando il contributo al mantenimento per bambini da parte del genitore non collocatario disinteressato alle frequentazioni. Infatti, se è previsto un calendario di visite con i figli e questo non viene rispettato, l’immediata conseguenza è che il contributo diretto del genitore non collocatario si riduce a zero. Chi vive con i figli, quindi, dovrà farsi carico dei loro costi e delle loro esigenze anche in quei giorni nei quali avrebbe dovuto occuparsene il genitore che non vive con loro. Quindi, per far fronte a tutte le spese, il genitore collocatario può avere diritto all’aumento dell’assegno previsto a favore dei più piccoli.

La decisione della Corte di Cassazione, tra le righe, vuole trasmettere il principio secondo il quale nessuno – neanche la legge o una multa – può insegnare a un adulto a essere un buon papà o una buona mamma. La legge, tutt’al più, fornisce la possibilità di chiedere la modifica del contributo al mantenimento per i figli offrendo, in questo modo, uno strumento che, se ben utilizzato, può aiutare a colmare alcune lacune (anche se, purtroppo, non quelle affettive).  

Avv. Marzia Coppola
Studio legale Bernardini de Pace