Mio figlio è stato interdetto giudizialmente, che ne sarà di lui dopo la mia morte? L’avvocato risponde

Ho 76 anni, sono rimasta vedova molti anni fa e da allora sono l’unico punto di riferimento per mio figlio, che ha 42 anni ed è stato interdetto giudizialmente. La rapida e imprevedibile diffusione del contagio da Coronavirus (vista anche la mia età, considerata fattore di rischio ulteriore), mi ha costretta a pormi una serie di domande per me dolorose ma non più rinviabili: che ne sarà di lui quando non ci sarò più io? Chi gestirà nel suo esclusivo interesse quello che gli lascerò, tenuto conto che, oltre a lui, ho un’altra figlia? Potrà continuare a vivere nella nostra casa? 

Cara Signora, la Sua situazione – e le preoccupazioni che, guardando al futuro, questa porta con sé – sono molto diffuse e sono state per decenni tristemente trascurate dall’attenzione pubblica e dal Legislatore. Quantomeno sino alla Legge n. 112 del 22 giugno 2016 (c.d. “Legge sul dopo di noi”), che ha introdotto specifiche “misure di assistenza, cura e protezione nel superiore interesse delle persone con disabilità grave, prive di sostegno familiare o in vista del venir meno del sostegno familiare”. Strumenti – patrimoniali e non – volti a favorire il benessere, l’inclusione sociale e l’autonomia delle persone con disabilità.

Ritengo che la moltitudine e la complessità delle problematiche sottese al Suo caso La costringerà, prima o poi, a rivolgersi a un Avvocato il quale – raccolte tutte le ulteriori e necessarie informazioni – potrà con Lei valutare i diversi strumenti che il nostro ordinamento giuridico mette a Sua disposizione. 

Seppur solo in astratto, considerati i pochi dati che Lei mi ha fornito, posso però già rassicurarLa di come la combinazione ragionata e strategica delle norme del codice civile in materia di successioni e degli strumenti previsti dalla “Legge sul dopo di noi”, possa rispondere all’esigenza di assicurare a Suo figlio la conservazione e la corretta gestione del patrimonio del quale diverrà titolare, nonché la garanzia di poter continuare a vivere nella Vostra casa, blindandola rispetto a eventuali future vicende di natura successoria.

Infatti, Lei deve sapere che, secondo gli artt. 471 e 374 c.c., Suo figlio, benché interdetto, potrà prender parte all’eredità, rappresentato dal suo tutore e con l’autorizzazione (e il monitoraggio) del giudice tutelare, a garanzia dei suoi interessi. Non solo. Ove Lei intendesse avvantaggiarlo ulteriormente, Le suggerisco di disporre testamento. Avrà così la possibilità: a) di “privilegiare” patrimonialmente Suo figlio rispetto ai coeredi (l’altra Sua figlia, per esempio) riservandogli una porzione aggiuntiva di eredità (c.d. quota disponibile) rispetto a quella che, in ogni caso, gli spetterebbe per legge, e b) di nominare un esecutore testamentario (artt. 700 e ss. c.c.), cioè una persona di fiducia che avrà il compito di dare esatta esecuzione alle Sue ultime volontà, rispettandole e amministrando di conseguenza la massa ereditaria. Le segnalo altresì, perché ritengo faccia al caso Suo, l’istituto della sostituzione fedecommissaria (art. 692 c.c.), strumento ideato dal Legislatore con lo specifico scopo di garantire il soggetto interdetto in sede di successione, assicurando e incentivando la cura e l’accudimento da parte di un soggetto a ciò incaricato (che potrebbe essere una persona fisica – per esempio, la Sua seconda figlia – ma anche un ente o un’associazione).

Come accennato, agli strumenti previsti dal codice civile si sono affiancati quelli previsti dalla “Legge sul dopo di noi”. Fra questi, pensando alla domanda che Lei mi ha posto con riferimento alla casa dove vivete ora Lei e Suo figlio, Le suggerisco di pensare di costituire sull’immobile un vincolo di destinazione (potenziato dalla Legge 112/2016, ma già disciplinato dal codice civile sin dal 2006 all’art. 2645-ter c.c.). Questo strumento consente che su beni immobili o mobili registrati si produca una sorta di effetto segregativo volto ad assicurare la realizzazione di “interessi meritevoli di tutela”, fra i quali il codice civile richiama espressamente quelli “riferibili a persone con disabilità”. Il vincolo di destinazione non incide sulla titolarità del bene (la casa, dunque, resterebbe di Sua proprietà), ma impone che questo sia utilizzato e gestito esclusivamente per il perseguimento dello scopo di destinazione (che, nel Suo caso, sarebbe quello di assicurare una garanzia abitativa continuativa a Suo figlio).

In conclusione, il nostro ordinamento giuridico Le offre un ventaglio di possibilità che, raccolti i doverosi dettagli del caso, potranno essere sapientemente calibrate per assicurare a Suo figlio le tutele che necessita e per regalare a Lei la serenità che merita.

Di Benedetta Di Bernardo
Studio legale Bernardini de Pace