Mio marito se n’è andato. Siamo sole e senza soldi. Come tutelarci?

di Avv. Flaminia Rinaldi

“Mio marito è scappato di casa lasciandoci sole e senza soldi. Come possiamo tutelarci?”

“Caro avvocato, da quasi un mese mio marito è andato via da casa, abbandonando me e la nostra figlioletta Aurora, affetta da tetraplegia congenita. Con un lapidario messaggio, ha detto che non sopportava più la nostra situazione familiare e che mi sarei dovuta arrangiare. Di lei, mi sono sempre presa cura io, facendole da infermiera h24 e rinunciando al mio lavoro da giornalista. Abbiamo sempre vissuto bene grazie ai guadagni di mio marito che, nel tempo, ha fatto carriera in una grossa società mondiale. Da un mese, però, ci ha lasciate senza un soldo e sembra non voglia più preoccuparsene. Sono sull’orlo della disperazione ma non posso arrendermi per mia figlia. Cosa posso fare? Mi aiuti, Antonella.”

Cara Antonella, Lei è straordinaria. È la prova vivente che alcune mamme possono plasmarsi di fronte a qualsiasi difficoltà, affrontando sacrifici impensabili a chiunque. Tutto, per amore dei propri figli.

Quest’uomo, invece, ha reso vero il detto: “Ogni uomo può essere padre, ma ci vuole una persona speciale per essere papà”.

Suo marito (il cosiddetto “padre” di Sua figlia), abbandonandoVi, ha prima di tutto commesso numerosi reati: forse persino quello di abbandono di persone minori o incapaci (art. 591 c.p.), ma certamente quello di violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 c.p.). L’art. 591 del codice penale punisce chiunque abbandoni “una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malatia di mente o corpo, .. di provvedere a se stessa” con la reclusione da sei mesi a cinque anni….” Quest’articolo specifica che  “le pene sono aumentate se il fatto è commesso dal genitore. Il secondo comma dell’art. 570 del codice penale, punisce, altresì, con la reclusione fino a un anno, “Chi fa mancare mezzi di sussistenza ai discendenti minori oppure inabili al lavoro, agli ascendenti, o al coniuge il quale non sia legalmente separato per sua (del coniuge) colpa.”

Lei, in quanto moglie e madre, ha il diritto e il dovere di sporgere querela.

Abbandonare la famiglia, sia moralmente sia economicamente, come ha fatto questo “signore”, comporterà per lui numerose conseguenze. É inoltre più che probabile che il PM segnali l’accaduto anche al tribunale per i minorenni, con possibilità che si apra un procedimento per la decadenza dalla responsabilità genitoriale di questo padre.

Chieda poi, immediatamente e parallelamente, la separazione giudiziale e la fissazione di una udienza urgente, con abbreviazione dei termini processuali della metà. Descriva e racconti al tribunale tutta la situazione senza tralasciare nulla: i Suoi sacrifici quotidiani, il comportamento e le rinunce che ha dovuto affrontare in questi anni, la situazione economica di Suo marito. Non si dimentichi di chiedere l’addebito della separazione a lui, l’assegno di mantenimento per Lei in quanto moglie e un assegno di mantenimento per Sua figlia. L’affidamento a Lei di Aurora. Il giudice accoglierà senz’altro questa domanda decidendo di non affidare la bambina a un padre che se ne è disinteressato completamente e  prevedendo che solo Lei abbia l’affidamento esclusivo. Anzi, direi super-esclusivo. In questo modo Lei avrà piena ed esclusiva autonomia decisionale su tutto ciò che riguarda la vita di Aurora. Peraltro, come Le dicevo, la condotta di Suo marito, con la gravità della malattia di Sua figlia, ha i presupposti perché si decida persino della decadenza dalla responsabilità genitoriale di questo uomo (uomo si fa per dire).

Il Giudice dovrà prevedere che il padre contribuisca al mantenimento della figlia: aiuti, però, il tribunale nella determinazione di questo assegno, descrivendo minuziosamente tutte le spese che deve affrontare per Aurora. Molte delle voci di spesa tradizionalente ritenute di natura “straordinaria” sono per Aurora assolutamente “ordinarie”, ed è importantissimo che i giudici abbiano contezza di ciò. Altrimenti rischia di ritrovarsi con un assegno “fisso” troppo esiguo per le esigenze della bambina e un padre che, versosimilmente, non pagherà alcuna spesa straordinaria. CostringendoLa ad affrontare altri procedimenti per il recupero di queste somme, con aggravio per Lei di tempo e spese legali.

Oltre ai provvedimenti che verranno certamente presi nell’interesse della Sua bambina, c’è un altro aspetto molto importante da considerare: nel momento nel quale Lei ha messo da parte la Sua carriera per dedicarsi alla cura quotidiana di Aurora, ha, di fatto, iniziato a “lavorare” per la Sua famiglia. Ha permesso a Suo marito di crescere professionalmente (e molto mi pare) e anche se negli anni è lui che, formalmente, ha portato “i soldi a casa”, lo ha potuto fare anche e soprattutto grazie a Lei, che ha investito tutte le sue energie in un progetto di crescita e serenità familiare oggi tradito.

Per queste ragioni, cara Antonella, benché Lei (ex giornalista) abbia astrattamente capacità lavorativa, ha assolutmente diritto di chiedere il mantenimento per sé. Il valore del Suo aiuto alla famiglia e la necessità per Lei di continuare a dedicarsi ad Aurora potrà così essere valorizzato dal Giudice (oggi della separazione, domani da quello del divorzio).

Le voglio dare un ulteriore consiglio: se vedrà che Suo marito, anche dopo le prime disposizioni del giudice, resterà inadempiente ai propri obblighi economici, chieda al tribunale che sia il datore di lavoro di Suo marito a versare direttamente a Lei gli assegni di mantenimento con “un ordine di pagamento diretto” a carico del datore di lavoro (domanda che può essere introdotta già con la separazione): sarà così, con maggiore certezza e puntualità, il capo di Suo marito a pagarLa direttamente, sottraendo la somma che Le sarà riconosciuta dal Giudice dallo stipendio di questo “non padre”. Vedrà che, con la tenacia e la forza che Lei ha già dimostrato di avere, riuscirà a ottenere giustizia e un po’ di serenità.

* Studio Legale Bernardini de Pace