Assegno di mantenimento, si deve versare anche se si è appellata la sentenza?

di Avv. Andrea Prati

“Buon giorno Avvocato, mi sono separata da mio marito e, secondo la sentenza del Tribunale della nostra città, ho diritto all’assegno di mantenimento. Mio marito, siccome ha appellato la sentenza, non vuole versarmi l’assegno. Cosa posso fare?”

Innanzitutto, è bene chiarire che, per espressa previsione di legge, la sentenza definitiva di separazione emessa dal Tribunale ha efficacia esecutiva. Il che significa che deve essere rispettata e fedelmente adempiuta, anche se è stato proposto appello. L’impugnazione della decisione del Tribunale, avanti alla Corte d’Appello, non ne determina, infatti, in via automatica la sospensione della sua “validità”.

Invero, con l’atto di appello è possibile chiedere alla Corte d’Appello di sospendere l’esecutività della sentenza quando ricorrono “gravi motivi”. Ovviamente, però, a tal fine, non basta proporre tale domanda, ma è necessario che sia accolta. E, in tal senso, i Giudici della Corte d’Appello possono decidere di fissare apposita udienza, anticipata rispetto a quella per discutere l’appello nel merito, per valutare, nel contraddittorio delle parti, se vi sono gli estremi (appunto i cosiddetti gravi motivi richiesti dal codice di procedura civile) per “congelare” la decisione del Tribunale fino al termine del procedimento di appello.

Ma, in assenza di tale pronuncia “sospensiva” della Corte d’Appello, Lei ha tutto il diritto di pretendere il versamento in Suo favore dell’assegno di mantenimento che Le è stato riconosciuto dal “Suo” Tribunale. Naturalmente, per ottenere il rispetto della decisione, Lei non può autonomamente prelevare il denaro direttamente dai conti correnti di Suo marito, ma deve agire secondo la procedura “di legge”, per ottenere il rispetto del Suo diritto.

A tal fine, per prima cosa, Lei deve notificare personalmente a Suo marito la sentenza che chiede sia rispettata munita di formula esecutiva (formula che si ottiene, in breve tempo, facendo apposita richiesta alla cancelleria del Tribunale che ha assunto la decisione) e “il precetto”. Quest’ultimo è un atto con il quale viene formalmente intimato al destinatario di pagare le somme delle quali è debitore nel termine perentorio di 10 giorni, con avvertimento che, in difetto di spontaneo adempimento, si procederà a esecuzione forzata per il recupero del credito dell’intimante.

Decorsi 10 giorni dalla regolare notifica del precetto, senza che il debitore abbia provveduto al pagamento, è allora possibile agire in via esecutiva per (cercare di) recuperare il proprio credito. E, in tal senso, si può procedere al pignoramento di beni (mobili o immobili) e/o crediti vantati verso soggetti terzi del debitore (cd pignoramento presso terzi), chiedendo poi al Tribunale di disporre la vendita “all’asta” di quanto si è pignorato. Ciò con l’obiettivo di soddisfare, con il ricavato, il credito di chi ha promosso l’azione esecutiva; oppure, in caso di pignoramento presso terzi, si chiede al Tribunale di assegnare, direttamente al creditore, le somme dovute, da altri soggetti, al debitore.

La forma più rapida per soddisfare il proprio credito in via esecutiva, normalmente, è proprio quella del pignoramento presso terzi. Classico esempio è quello del pignoramento dei saldi attivi dei conti correnti bancari (che, tra marito e moglie, risulta solitamente “agevolato” dal conoscere in quale istituto di credito il coniuge ha i propri risparmi). Concretamente, si chiede alla banca di “congelare” i denari del debitore, sino all’ammontare del credito azionato aumentato fino alla metà, finché il Tribunale, all’apposita udienza che sarà fissata, non li assegnerà direttamente al creditore.

Inoltre, a tutela del Suo diritto di ricevere l’assegno di mantenimento disposto dal Tribunale, esiste anche un rimedio offerto dalla legge penale. Infatti, l’articolo 570 bis del codice penale (“Violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio”) punisce chi si sottrae, volontariamente e scientemente, all’adempimento dell’obbligo, nascente da un provvedimento dell’autorità giudiziaria, di pagare il mantenimento disposto a favore del coniuge economicamente più debole. E, senz’altro, tale forma di tutela fornita al titolare dell’assegno di separazione e/o divorzio può avere efficacia deterrente, convincendo il coniuge debitore a pagare quanto dovuto, così evitando la possibile condanna penale.

* Studio Legale Bernardini de Pace