Separazione: mio figlio non vuole vivere col padre, il giudice lo ascolterà?

L’ascolto del bambino: contributo fondamentale e indispensabile nell’iter decisionale della separazione

di Dott.ssa Violante Di Falco

“Caro Avvocato, è da parecchi mesi che io e mio marito non andiamo più d’accordo. Litighiamo, urliamo e per questo abbiamo deciso di separarci. Sono molto preoccupata per mio figlio Giulio, di 11 anni, che sta risentendo molto questa spiacevole situazione. Nonostante non accetti l’idea che presto non saremo più in tre nella stessa casa, mi ripete di non voler vivere con il padre quando ci separeremo. Ma il giudice può ascoltarlo? Può tenere conto della sua preferenza?”

Cara mamma, i figli, più di chiunque altro, subiscono, inermi, la scelta dei genitori di separarsi e sono spesso le vittime più colpite delle dolorose e complesse dinamiche familiari. La separazione porta, inevitabilmente, parecchi cambiamenti nella quotidianità del bambino, nel modo di relazionarsi con la mamma e con il papà, nel tempo che potrà trascorrere con ciascuno genitore.

Sono i figli, il più delle volte, a dover fare spola tra le case dei genitori, caricandosi del peso degli spostamenti settimanali; loro, a dover mediare e spesso contenere le liti tra la mamma e il papà; loro a dover custodire segreti; sempre loro a dover vivere “divisi a metà”. È quindi normale e comprensibile che il Suo bambino sia affranto e spaventato dalla Vostra separazione. Chi non lo sarebbe al Suo posto?

È per questo che la legge, dal 2012, riconosce a tutti i figli che abbiano compiuto 12 anni di età – o anche più piccoli se capaci di discernimento – il diritto di poter esprimere i loro desideri e le loro preferenze davanti al giudice della separazione (o del divorzio) su tutte quelle situazioni che andranno a incidere sulla loro vita: per esempio il trasferimento da una città all’altra, il calendario di frequentazione con ciascun genitore, il luogo nel quale vorrebbero vivere, il genitore con il quale preferirebbero stare, la scuola che vorrebbero frequentare.

L’ascolto del bambino rappresenta un contributo fondamentale e indispensabile nell’iter decisionale della separazione e viene escluso solo nelle ipotesi nelle quali sia considerato superfluo ai fini della causa oppure in contrasto con il suo interesse: è un diritto del bambino al quale corrisponde un vero e proprio obbligo del giudice. Pensi che il mancato ascolto costituisce violazione del principio del contraddittorio e dei principi del giusto processo, con conseguente possibile nullità della sentenza.

La legge, pur fissando il limite dei 12 anni di età, prevede che possano essere ascoltati anche bambini più piccoli, purché siano dotati di un’adeguata capacità cognitiva e abbiano un’autonomia di pensiero. Giulio, ha quindi il sacrosanto diritto di essere ascoltato, se Lo desidera così tanto, affinché il giudice possa tenere conto, per esempio, di quale sia la casa nella quale desidera svegliarsi e addormentarsi.

Quanto alle modalità di audizione, il giudice, può decidere di ascoltare i figli da solo, convocandoli presso di sé in tribunale, oppure può decidere di farsi assistere da uno psicologo (magari per meglio cogliere la genuinità di quanto viene affermato o sostenuto dal bambino); in altri casi – spesso quando il minore ha una età inferiore ai 12 anni, – può delegare l’ascolto a un suo perito (che può essere anche uno neuropsichiatra infantile), nell’ambito di una consulenza tecnica sul nucleo familiare. In ogni caso l’audizione consente al giudice di cogliere sottili sfumature delle dinamiche familiari e di comprendere, al di là delle prospettazioni dei genitori, i reali desideri dei figli – che magari non sono riusciti a manifestare ai genitori per non deluderli o non ferirli – per poi assumere una decisione che si avvicini il più possibile a quanto da loro manifestato.

Se emerge una qualsiasi forma di influenza o di interferenza esterna, o quando i desideri espressi dal bambino sono in palese contrasto con il suo effettivo e superiore interesse, allora il Giudice può prenderne le distanze da quanto dichiarato non potendo “assecondare la volontà del fanciullo quando sia provato che essa condurrebbe a un evidente pregiudizio. In questi casi, è prevalente l’esigenza di protezione del minore contro scelte che altro non sono se non frutto di una innocenza immatura che conduce all’errore”.

Pertanto, cara Signora, la legge lascia un’apertura affinché Suo figlio, anche se non ha ancora compiuto il dodicesimo anno di età, possa essere ascoltato. Dimostri, in causa, che il Suo bambino è capace di comprendere la situazione e le conseguenze delle sue opinioni e si faccia portavoce del desiderio che Le ha manifestato. È ben probabile che il Giudice accolga, superando il fattore “età”, la Sua istanza e proceda al suo ascolto. Diversamente, non si scoraggi: potrà sempre chiedere (e insistere) affinché sia un CTU a farlo. In un modo o nell’altro Giulio deve avere il diritto di dire la sua. Forza Giulio!