Mantenimento per mia figlia pagato a oltranza. Posso avere indietro i soldi?

di Avv. Flaminia Rinaldi

Avvocato, io e la mia ex moglie, nella sentenza di divorzio, abbiamo stabilito che avrei versato l’assegno di mantenimento per mia figlia Agnese quantomeno fino alla fine degli studi universitari. Lo scorso anno mia figlia si è laureata e da allora riceve, addirittura, uno stipendio fisso che a mio parere le consente di vivere autonomamente. Pertanto, benché la mia ex moglie non fosse d’accordo, ho smesso di corrispondere l’assegno e Lei, dopo 9 mesi, mi ha notificato un atto di precetto chiedendomi tutti gli arretrati e sono stato costretto a pagare. Posso chiedere indietro queste somme?

Gentile Signore,

le sentenze di divorzio e di separazione, costituiscono idoneo titolo esecutivo. Ciò significa che, in caso di mancato pagamento del quantum dovuto a titolo di mantenimento (sia esso dovuto al coniuge o ai figli), il “creditore” può agire immediatamente per il recupero forzoso di quanto gli spetta. Gli basterà, infatti, richiedere – alla cancelleria del Tribunale presso il quale il provvedimento è stato emesso – la copia della sentenza munita di formula esecutiva (indispensabile per dare esecutività alla provvedimento) per procedere poi alla notifica di questa unitamente all’atto di precetto (che è una vera e propria intimazione ad adempiere). Decorsi 10 giorni senza che il debitore abbia proceduto a saldare il quantum dovuto, sarà possibile iniziare il pignoramento.

Consideri, gentile Signore, che il titolo esecutivo non si estingue né con il raggiungimento della maggiore età di un figlio, né con l’inizio di una attività lavorativa del figlio (se questa non è, per esempio, idonea a garantirgli l’ indipendenza economica).  

Se non c’è accordo tra le parti, l’unica soluzione per resistere ad azioni strumentali ed emulative delle ex, è chiedere al Tribunale – con un procedimento per la modifica delle condizioni di separazione o di divorzio – di accertare l’autosufficienza economica del figlio e, quindi, di eliminare (o ridurre) l’assegno allora stabilito. In questo modo il nuovo provvedimento si sostituirà al precedente, così da liberare definitivamente il genitore da un mantenimento non più dovuto.

“L’obbligato” che si autosospende il pagamento o che si autoriduce il quantum dovuto senza un accordo, oppure senza ricevere l’autorizzazione di modifica da parte del Giudice, rischia proprio quello che è accaduto a Lei, ovvero di vedersi prima notificato un atto di precetto e poi aggredito esecutivamente.

Gli effetti del procedimento giudiziale che accerta l’autosufficienza del figlio – e che dispone quindi l’eliminazione dell’assegno – retroagiscono alla data della domanda giudiziale (il principio è infatti quello secondo il quale un diritto non può restare pregiudicato dal tempo che ci è voluto per farlo valere in giudizio) e non vanno oltre tale momento: è perciò fondamentale che ci si attivi subito giudizialmente per non perdere tempo e denaro preziosi.

Dunque, se è vero che il giudice della modifica delle condizioni di separazione o del divorzio può solo disporre dalla data della domanda in poi, vi sono altri strumenti per ottenere comunque giustizia. Nel suo caso, per esempio, attiverei senza dubbio un’azione restitutoria ex art. 2033 c.c. (articolo che afferma testualmente “chi ha eseguito un pagamento non dovuto, ha diritto di ripetere ciò che ha pagato ..”) delle somme indebitamente percepite dalla Sua ex moglie, vista la concreta (e mi pare pacifica) indipendenza economica di Sua figlia. La Corte di Cassazione, in un caso analogo al Suo, ha recentemente (con la sentenza n. 3659 del 2020) riconosciuto a un padre il diritto alla restituzione anche delle somme versate in epoca precedente alla domanda di revisione dell’assegno poiché la causa giustificativa del pagamento era già venuta meno. Questa recente pronuncia consente indirettamente di stabilire il confine oltre il quale non è più dovuto l’assegno, diventando l’eccedenza un vero e proprio indebito oggettivo!