Affitto, non ho pagato alcuni canoni. Come posso evitare lo sfratto?

di Avv. Andrea Prati

“Buon giorno Avvocato, vivo in un appartamento condotto in locazione. Purtroppo non sono riuscito a pagare alcuni canoni e il padrone di casa mi ha fatto convocare in Tribunale per procedere al mio sfratto. Non c’è modo per evitarlo?”

Se la legge dà diritto al locatore, in caso di mancato pagamento dei canoni di locazione e/o degli oneri accessori previsti nel contratto (a esempio, le spese condominiali), di chiedere e ottenere la risoluzione del contratto, lo sfratto dell’inquilino moroso e l’ingiunzione di pagamento degli importi scaduti, esiste comunque la possibilità, per il conduttore, di sanare la propria posizione debitoria senza essere “sbattuto fuori da casa”. Senza contare l’attuale sospensione degli sfratti, in vigore fino al prossimo 31 dicembre, a causa dell’emergenza sanitaria, la via più semplice e veloce è quella di saldare il suo debito prima della comparizione in Tribunale (o anche direttamente all’udienza avanti al Giudice), così evitando che il Giudice possa dichiarare risolto il contratto di locazione per Suo inadempimento e, in conseguenza, convalidare il Suo sfratto.

Altrimenti, si può sempre concordare con il padrone di casa un piano rateale di rientro dal debito, o semplicemente il termine entro il quale provvedere al saldo, anche “andando oltre” la data di convocazione in Tribunale.

Il che, però, renderebbe quanto mai opportuna la presenza dell’inquilino moroso davanti al Giudice: per dare atto che la vicenda è stata bonariamente risolta ed essere sicuri che il locatore non “si dimentichi” dell’intervenuto accordo e “vada ugualmente avanti” con la richiesta giudiziaria di sfratto.

Ma, al di là della soluzione conciliativa extra giudiziale, la Legge 392/1978 (nota ai più come “legge sull’equo canone”), che regolamenta la materia della locazione, prevede, all’articolo 55, il cosiddetto “termine di grazia” per provvedere al pagamento degli arretrati ed evitare così di dover abbandonare l’immobile abitato.

Per quanto non sia automatico che il Giudice lo conceda, è sufficiente, per ottenerlo, che l’inquilino moroso deduca, e dimostri, di essere in stato di difficoltà economica.

Il termine di grazia è un periodo di 90 giorni (o di 120 se l’impossibilità di pagare i canoni è dipesa da disoccupazione o malattia) attribuito dal Tribunale al conduttore per permettergli di sanare la propria posizione pagando quanto dovuto.

Concesso il termine di grazia, il Giudice fissa apposita udienza, nei 10 giorni successivi alla scadenza del termine, per verificare la correttezza del versamento del dovuto.

L’inquilino non potrà limitarsi al pagamento dei canoni scaduti, per risolvere la questione e ottenere di non essere sfrattato. Dovrà, invece, pagare interamente: – le mensilità non corrisposte; – gli oneri accessori dovuti ed eventualmente non onorati (esempio, le spese condominiali da contratto, o per legge, imputabili al conduttore); – gli interessi al tasso legale dal dovuto al saldo; – le spese legali, così come espressamente liquidate dal Giudice con il medesimo provvedimento di concessione del termine di grazia.

Se tutti questi importi vengono puntualmente pagati, il Giudice all’udienza di verifica estinguerà il procedimento di sfratto e il contratto di locazione continuerà a essere valido. Ove, invece, il pagamento non avvenisse, o avvenisse solo parzialmente, il Giudice procederà con la convalida dello sfratto stabilendo la data entro la quale il conduttore moroso dovrà rilasciare l’immobile.

E, se questi non lo farà spontaneamente, il proprietario potrà procedere allo sfratto tramite l’intervento dell’ufficiale giudiziario, il quale potrà ricorrere anche alla forza pubblica per eseguire l’ordine del Tribunale.

Va precisato che le somme che l’inquilino dovrà pagare a seguito della concessione del termine di grazia, vengono calcolate dal Giudice fino alla data di ricezione dell’atto di intimazione di sfratto (restano quindi esclusi gli eventuali canoni non pagati successivamente).

Ciò comporta che il conduttore potrebbe sanare il debito arretrato, evitando così di essere sfrattato, continuando però a non pagare i canoni di locazione che via via maturano. Costringendo, dunque, il padrone di casa a procedere con una nuova e diversa azione giudiziaria per il “nuovo credito”.

Dunque, quello previsto dall’articolo 55 della legge 392/1978 è uno strumento giuridico molto favorevole all’inquilino. E, per scongiurare il pericolo che il conduttore se ne continui a servire, la legge espressamente limita a non più di 4 volte, nel quadriennio, la possibilità di chiedere e ottenere il termine di grazia.