Avv. Benedetta Di Bernardo
Caro Avvocato, da un paio di mesi sono rimasta vedova. La figlia di mio marito, nata da una sua precedente relazione, ora mi chiede di lasciare la casa dove abbiamo sempre vissuto in virtù del fatto che, nel testamento, il padre ha voluto assegnarne a lei la proprietà. Pensi che ha già cominciato ad asportare mobili e suppellettili. C’è qualche modo per evitarlo?
Cara Signora,
accade spesso, purtroppo, che al dolore della perdita si aggiunga il livore delle rivendicazioni patrimoniali, dell’irriconoscenza e dell’avidità.
Nel Suo caso, però, ci pensa la Legge a tutelarLa lì dove non ci ha pensato Suo marito: l’art. 540, comma 2 c.c., infatti, riserva espressamente al coniuge superstite, “anche quando concorra con altri chiamati, i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni”.
La costante Giurisprudenza (a partire dalla pronuncia resa a Sezioni Unite dalla Corte di Cassazione n. 4847/2013) ha chiarito che questi diritti del coniuge superstite sorgono automaticamente, senza necessità di alcuna richiesta o formalità e indipendentemente dal tipo di successione (se legittima o testamentaria).
La ratio della disposizione in oggetto è quella di garantire al coniuge rimasto vedovo il riferimento abitativo condiviso sino a quel momento con l’altro, assicurandogli il concreto, pieno ed effettivo godimento dell’immobile adibito a casa familiare (scrigno di abitudini condivise, ricordi, effetti personali, consuetudini di vita radicate): a essere oggetto di tutela, dunque, “non è tanto l’interesse economico del coniuge superstite di disporre di un alloggio, quanto l’interesse morale legato alla conservazione dei rapporti affettivi e consuetudinari con la casa familiare”.
Coerentemente, partendo dalle medesime basi e guardando ai medesimi obiettivi, la riserva prevista dall’art, 540, comma 2 c.c. è stata estesa anche alle unioni civili e un’analoga tutela (seppur limitata nel tempo e meno stringente) è oggi garantita anche ai conviventi di fatto (art. 1, comma 42, L. 76/2016).
Il Legislatore ha voluto così “realizzare una completa parificazione dei coniugi non solo sul piano patrimoniale, ma anche etico e sentimentale, sul presupposto che la ricerca di un nuovo alloggio per il coniuge superstite potrebbe essere fonte di un grave danno psicologico e morale per la stabilità delle abitudini di vita della persona” (SS.UU. Cass. Civ. n. 4847/2013).
L’unico presupposto che deve inderogabilmente essere soddisfatto affinché si attivi ipso iure la tutela successoria in questione, in favore del coniuge superstite, è che l’immobile e gli arredi siano “di proprietà del defunto o comuni” ai coniugi.
Tornando alla Sua domanda, può stare tranquilla: la circostanza che, nelle proprie volontà testamentarie, Suo marito abbia espressamente devoluto la proprietà della casa familiare alla figlia, non incide minimamente sul Suo diritto di continuare ad abitarvi e su quello di continuare a disporre di arredi, soprammobili, utensili, suppellettili.
La Giurisprudenza di Legittimità ha infatti precisato che “i diritti contemplati dall’art. 540, comma 2, c.c. si costituiscono automaticamente in capo al coniuge superstite all’apertura della successione, anche in presenza di un’attribuzione testamentaria della casa familiare o dei mobili che la arredano in favore di terzi” (Cass. Civ. 11 giugno 2019).
La figlia di Suo marito, ha sì, acquistato la proprietà dell’immobile, ma gravata dal diritto reale di abitazione del quale Lei è titolare.
Le suggerisco, pertanto, di rivolgersi tempestivamente al Avvocato di Sua fiducia al fine di recuperare subito la disponibilità dei beni che Le sono stati illegittimamente sottratti, e al fine di assicurarsi la cessazione di queste pressanti richieste di rilascio dell’immobile, tanto deplorevoli moralmente, quanto illegittime e infondate giuridicamente.