di Dott.ssa Francesca Albi
“Ho provato a parlarle ma non è servito a nulla. Dal punto di vista legale cosa posso fare?”
“Caro avvocato, ho deciso di scriverle perché dall’inizio dell’anno scolastico l’insegnante di mio figlio (che frequenta il secondo anno di liceo) minaccia di bocciarlo, umiliandolo davanti ai compagni. Sono preoccupata perché ha iniziato a soffrire d’insonnia e lo vedo molto stressato, vuole addirittura cambiare classe per colpa dei comportamenti di questa professoressa. Ho provato a parlarle ma non è servito a nulla. Dal punto di vista legale cosa posso fare?”
I rapporti all’interno dell’istituto scolastico non sono sempre facili da gestire. Non sono rari i casi di cronaca che coinvolgono professori e alunni costretti a ricorrere alle “vie legali”. Alcuni comportamenti degli insegnanti, infatti, possono integrare fattispecie di reato in danno degli studenti. E viceversa. Lei è una mamma e mi chiede fino a che punto possa spingersi un docente nel punire l’alunno, ma anche se possa fare “minacce” in classe.
Per rispondere alla Sua domanda Signora, occorre prendere in considerazione la sentenza della Corte di Cassazione. n. 47543 del 2015, dove è affermato che la minaccia verbale utilizzata dal docente per rimproverare l’alunno costituisce reato perché la “violenza psicologica” potrebbe essere fonte di “pericolo per la salute” dell’alunno medesimo. Il reato che questa condotta integra è quello previsto dell’art. 571 del codice penale, rubricato “Abuso dei mezzi di correzione o disciplina”.
Nel caso dei docenti, il potere riconosciutogli dall’ordinamento è il cosiddetto ius corrigendi, ossia il diritto dell’insegnate di utilizzare mezzi di correzione (leciti, in quanto si può ipotizzare un abuso solo se ne sia lecito l’uso) e di limitare la libertà personale dei minori che gli sono affidati, nell’interesse della loro educazione. In particolare, l’articolo 571 c.p. punisce con la reclusione fino a sei mesi coloro che in forza della loro autorità abusano dei mezzi di correzione e di disciplina nei confronti della persona loro sottoposta o a loro affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia o per l’esercizio di una professione o di un’arte, se dal fatto deriva un pericolo al corpo o alla mente. La norma prosegue prevedendo, al secondo comma, che se dal fatto deriva una lesione personale, si applicano le pene stabilite dagli articoli 582 e 583, ridotte a un terzo; se ne deriva la morte, si applica la reclusione da tre a otto anni.
Ne consegue che integra il reato di abuso di mezzi di correzione o di disciplina il comportamento dell’insegnante diretto a umiliare, svalutare, denigrare o vessare psicologicamente l’alunno, causandogli un pericolo per la salute, atteso che, in ambito scolastico, il potere educativo o disciplinare deve sempre essere esercitato con mezzi consentiti e proporzionati alla gravità del comportamento scorretto del minore. Senza superare i limiti previsti dall’ordinamento. Il bene giuridico tutelato dalla norma è l’interesse del soggetto “esposto” al potere disciplinare a non subire le conseguenze di comportamenti nocivi per lo sviluppo armonico della personalità.
Ebbene, per tornare alla Sua domanda, gentile lettrice, l’insegnante di Suo figlio potrebbe rispondere del reato di abuso dei mezzi di correzione o disciplina, ai sensi e agli effetti dell’articolo 571 c.p.. L’ipotesi al comma 1 si configurerà se verrà accertato – dal Giudice – che vi è stato il semplice pericolo di una malattia fisica o psichica che può essere desunto anche dalla natura dell’abuso, secondo le regole di comune esperienza. Invece, l’ipotesi aggravata si configurerà solo se il Giudice accerterà che Suo figlio abbia subito un’effettiva lesione psichica o fisica; in questa ipotesi il Giudice disporrà una perizia medico-legale, al fine di rilevare l’esistenza di stati d’ansia, depressione, insonnia, disturbi del carattere o del comportamento del minore. Per concludere, dal punto di vista processuale, preciso che il reato è procedibile d’ufficio; in altre parole, il Dirigente scolastico ha l’obbligo di denunciare la notizia di reato all’autorità giudiziaria. Lei potrebbe quindi informare il Preside della scuola dei comportamenti dell’insegnante: in questo modo egli sarebbe obbligato a denunciare il fatto alle autorità competenti. In alternativa, Signora – rivolgendosi a un avvocato specializzato in materia – potrebbe essere Lei a sporgere formale denuncia-querela nei confronti della docente. In entrambi i casi, potrà costituirsi parte civile (in persona di Suo figlio quale soggetto offeso) nel procedimento penale, chiedendo il risarcimento del danno che, ove riconosciuto nella sentenza di condanna dell’imputato, verrà poi liquidato in sede civile.