di Avv. Francesca Albi
“Si tratta di un istituto molto utilizzato, soprattutto da coloro che sono titolari d’azienda o di partecipazioni societarie. Ecco quando e come registrarlo“.
Gentile Avvocato, mio marito è proprietario di un’azienda e ha anche molte partecipazioni societarie. Il nostro notaio ci ha consigliato di stipulare un patto di famiglia e mio marito è d’accordo. Purtroppo, io non sono un’esperta di diritto e vorrei capire effettivamente di cosa si tratta prima di impegnarmi. Spero che lei possa aiutarmi.
Gentile Signora,
premetto che il patto di famiglia è un istituto molto utilizzato nel nostro ordinamento, specialmente da coloro che sono titolari d’azienda o di partecipazioni societarie, proprio come Suo marito. Questo istituto è stato inserito nel Codice civile con la legge n. 55/2006 tra le norme che regolano la successione. L’intento del legislatore del 2006 è stato quello di agevolare quella categoria di soggetti che svolgono un’attività economica oppure titolari di partecipazioni societarie.
Il patto di famiglia, infatti, permette di anticipare la successione dell’imprenditore consentendo il cosiddetto “passaggio generazionale” all’interno dell’impresa garantendone la continuità. In parole più semplici, Suo marito ha la possibilità di decidere a chi trasferire – prima della sua morte – l’azienda e le partecipazioni a uno o più discendenti. Si tratta di una vera e propria deroga al “divieto di patti successori” che, nel nostro ordinamento, sono sempre considerati nulli.
Le illustro meglio in cosa consiste il patto di famiglia: è istituto disciplinato dall’art. 768 bis del Codice civile ed è un contratto plurilaterale, tra vivi; obbligatoriamente devono parteciparvi tutti coloro che rivestirebbero la qualifica di “legittimari” se, nel momento della stipulazione del contratto, si aprisse la successione nel patrimonio dell’imprenditore.
La stipula deve avvenire per atto pubblico, cioè deve essere fatta davanti a un notaio alla presenza di due testimoni. La caratteristica di questo istituto è che il contratto, una volta stipulato è per così dire “blindato”, ovvero non può essere soggetto – in seguito all’apertura della successione – all’azione di riduzione o collazione; infatti, solo con un nuovo accordo tra i legittimari (coniuge, figli e ascendenti), il patto potrà essere sciolto o modificato.
L’obiettivo di questo istituto è duplice: da un lato, previene l’instaurazione di liti ereditarie e la conseguente disgregazione delle aziende o delle partecipazioni societarie, dall’altro evita l’assegnazione di questo complesso di beni a soggetti inidonei ad assicurare la continuità gestionale dell’impresa.
Pertanto, concludo dicendoLe che sicuramente il patto di famiglia può essere per Voi una soluzione valida per assicurare la stabilità e la continuità dell’impresa di Suo marito già operante sul mercato, garantendo, al contempo, una “successione certa” nell’interesse dell’azienda nonché delle partecipazioni societarie delle quali l’imprenditore è titolare.