Di una cosa sono certa: matrimonio e amore non sono sinonimi. L’uno non definisce (né, tantomeno, garantisce) l’altro. E viceversa. Del resto, il matrimonio è un “contratto” e l’amore un mistero. Il matrimonio dura finché permane la volontà dei coniugi; l’amore dura finché rimane il mistero. La morte fa finire il matrimonio, ma può sopravviverle l’amore. Il matrimonio può presupporre l’amore, ma può anche prescinderne a favore dell’interesse sociale o economico. L’amore però può fare a meno del matrimonio. Questo è legato alla cultura e al tessuto giuridico che lo riconosce; quello è universale e si esprime senza schemi programmati. La relazione erotica, come può in parte definirsi l’amore di per sé indefinibile, ha spesso necessità di legittimarsi pubblicamente e, dunque, di servirsi del matrimonio che, di conseguenza, si pone come mezzo al fine. Non dell’amore, però, bensì degli interessi dei singoli o della coppia. Pur essendo l’unione coniugale considerata e propagandata come un affare di cuore. Il matrimonio, in Italia, invece, se civile o concordatario, è un istituto giuridico, un accordo complesso tra gli individui e lo Stato che, nella Costituzione, “riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio“, ma prescrive ai genitori il “dovere di mantenere, istruire ed educare i figli“, e, poi, promette, ottimisticamente, loro di agevolare “con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi“. L’amore, come dicono molti, è un delirio a due; quando, invece, il matrimonio è un programma ben preciso, fatto di diritti e doveri, tra due persone che svolgono la loro vita insieme a tutte le istituzioni statali. La coniugalità obbliga alla reciproca solidarietà morale e materiale, garantisce il mantenimento, le aspettative ereditarie, la detraibilità fiscale, la pensione di reversibilità. Anche senza l’amore, prima durante e dopo. Il contratto matrimoniale impone l’obbligo della fedeltà che, invece, nell’amore è un gesto istintivo. Finché dura lo stato di grazia del sentimento. A fronte di tutti questi imperativi categorici che definiscono il matrimonio, dovrebbe sembrare valido l’invito di Casanova, quando affermò “il matrimonio dev’essere fatto a sangue freddo”. Il che, subito, ci riporta all’idea dell’amore, per definizione vissuto a sangue caldo. E, pertanto, all’incompatibilità, troppo sovente dimostrata, tra amore e matrimonio. Dal quale spesso passione, erotismo e anche amore, vengono sfrattati per lasciare spazio al conto economico e alle poste di bilancio. Col beneplacito dello Stato che, così, “riconosce i diritti della famiglia”. Meglio allora considerare sempre lo spunto sagace di Benjamin Franklin: “dove c’è matrimonio senza amore, ci sarà amore senza matrimonio“.