Mi rifiuterei di chiederlo, prima ancora che di farlo. La deputata del PD, Federica Mogherini, invece, propone che una deputata del PDL non si rechi a votare la sfiducia, per compensare la sua assenza, obbligata dalla necessità di partorire. Bell’inizio di maternità: strumentalizzare il figlio, prima ancora che nasca, come argomento suggestivo. E’ il più facile e deteriore ricatto emotivo che possa proporsi, come siamo abituati a vedere nel canovaccio delle più squallide separazioni. E’ peraltro imbarazzante, per giustificarlo, che si parli di fair play o di solidarietà femminile, proprio in uno scenario, quale quello di Montecitorio, dove non solo non si gioca con eleganza, ma si bara spensieratamente nascondendosi assi nelle maniche e jolly nelle mutande. Tra l’altro non mi è sembrato astuto che la Mogherini abbia paragonato la situazione numerica incerta, a un “giro di roulette”, così ricollegando, nel pensiero di tutti, la roulette a Montecarlo e, dunque, al vero responsabile del pasticcio politico attuale. Lo Stato è ormai diventato un tinello odoroso di minestrone: si fa la conta dei cognati, delle amanti e delle partorienti, prima di apparecchiare e di assegnare i posti. Il Presidente della Camera, che da tanto tempo si era organizzato e stava organizzando questa festicciola del pallottoliere, avrebbe potuto per tempo proporre un’opportuna modifica al regolamento della Camera. Tanto più che forse non è un problema nuovo: ai tempi di Irene Pivetti, lei si rifiutò di lasciare il suo piccolo appena nato quando fu chiamata per sostenere col voto una mozione parlamentare. Mi sembra che disse di sentirsi in dovere di rifiutare di soccorrere un governo appeso a un voto, quando c’era un neonato più bisognoso di cure. Oggi il problema è che il neonato FLI spera nell’aiuto della nascitura Marta per abbattere, a colpi di sfiducia, il Governo in carica. Siamo messi davvero male se, accanto al tinello, invece della Camera, c’è una nursery urlante di neonati aggressivi e oggetto di speculazione politica. Con buona pace dei valori di libertà, responsabilità personale e lealtà verso il Paese e gli elettori. In attesa di un regolamento della Camera che valuti la nascita di un figlio non come malattia, né come missione, bensì come valore assoluto, tale da tutelare entrambi i genitori parlamentari (perché un padre non dovrebbe avere il diritto di stare in sala parto con la moglie?) senza che vengano meno al dovere politico, è dunque davvero da lunatici e cervellotici far ruotare il destino di sessantamilioni di persone intorno ai tempi incerti e imprevedibili delle doglie. L’unica autentica solidarietà femminile – e maschile soprattutto – è nel partecipare con gioia alla nascita di Marta e degli altri attesissimi bimbi, senza fare sentire ingiustamente in colpa puerpere e partorienti. L’alternativa, potrebbe essere quella di attrezzare una sala parto in un’ala del Parlamento (al Senato dovrebbe essere inutile per raggiunti (?) limiti di età).