A parere di Freud “l’uomo che per primo soddisfi l’ardente desiderio d’amore della vergine, per lungo tempo e a fatica soffocato, e abbia nel far ciò superato le resistenze costituitesi attraverso gli influssi dell’ambiente e dell’educazione, diventerà colui con cui ella riuscirà a stabilire un rapporto duraturo, mentre la possibilità di tale rapporto rimarrà sbarrata a ogni altro”. Il che spiegherebbe, secondo lui, perché l’uomo aspiri a una vergine e la donna finisca poi per vendicarsi di quell’uomo che non è il tanto desiderato proprio padre. A meno di 100 anni di distanza, queste considerazioni sembrano giurassiche: pare infatti che non vi siano più vergini che soffochino “per lungo tempo e a fatica” la voglia d’amore, né che vi siano gli ambienti idonei a creare resistenze da superare. Tantomeno esistono rapporti duraturi e ipotesi di definitivi sbarramenti a terzi. Se ci sono, costituiscono numeri d’irrilevanza statistica. Nel frattempo infatti c’è stata la rivoluzione sessuale, la pillola anticoncezionale, la pari opportunità sociale, la legge sull’aborto, il divorzio, l’attenuazione sempre più significativa dell’imprinting religioso. E la verginità femminile è stata banalizzata, ha perso il significato simbolico di integrità, fino ad assumere la connotazione negativa di ostacolo da rimuovere quanto prima. Per omologarsi, per essere considerate all’interno del branco amicale di coetanee (sempre più bambine), per conquistare subito lo stereotipo di identità femminile proposto dalla società massmediatica. Per non essere giudicate incapaci e prive di appeal dal maschio prescelto. Oggi dunque la verginità non è più un valore. Se lo fosse, sarebbe considerata un dono: il regalo che la donna fa all’uomo della propria incontaminazione. Un regalo che, per la cultura da sempre dominante, non può essere reciproco, perché l’uomo vergine oltre una certa età (16/18 anni) si autoritiene ed è considerato, dai più, uno “sfigato” o additato come gay. La svalorizzazione della verginità femminile ha tuttavia prodotto gravi danni al rapporto di coppia, all’importanza dell’amore e all’equilibrio tra sesso e sentimenti. Una volta la sessualità costituiva il punto d‘arrivo di un percorso della coppia, ricchissimo di emozioni, attesa, desiderio, aspettative e mistero. Il reciproco avvicinamento attivava pensieri e meccanismi mentali che nutrivano la storia d’amore e la portavano a gustare profondamente il fascino delle sensazioni desiderate e progressivamente sperimentate. Oggi ci si libera al più presto della verginità e si parte, la prima come l’ennesima volta, dall’irrinunciabile e urgente incontro sessuale per poi spendersi alla ricerca di introvabili sentimenti reciproci. Si confondono questi con le emozioni del sesso e della passione, che dopo un po’ vengono a noia e impongono ripetizioni a catena con nuovi partners. Finché anche il sesso perde di interesse e per riattivarlo ci vogliono droghe e perversioni. La forza simbolica della verginità aveva anche un tremendo contenuto negativo per il potere di controllo che assicurava all’uomo e la sottomissione personale e sociale che imponeva alla donna. Tuttavia nel nostro tempo, così corroso dalla disordinata prepotenza del sesso, potrebbe riacquistare un interessante significato di autogoverno personale: mantenere integro il corpo può preparare a un amore policromo e non monotono, per esempio col sublimare il piacere fisico nella reciproca e più penetrante conoscenza dello spirito. Questo insegnano del resto le filosofie orientali, che suggeriscono una sorta di verginità di ritorno, con la castità ricercata per periodi più o meno lunghi. Il desiderio deve venire da molto lontano per essere davvero appagante: tenerlo in serbo a lungo, fa certamente raggiungere livelli più alti di soddisfazione che non l’esaudirlo all’istante. Certo, per quanto valore possa eventualmente riacquistare la verginità, trovo orrendo e ridicolo che venga messa all’asta e data in appalto al miglior offerente. A parte il fatto che nessuno può escludere che la ventenne abbia già avuto incontri col corpo maschile e che la sua verginità sia esclusivamente tecnica e ridotta solo a “quel lembo”, o persino ricostruita, quale mai può essere la perversa fantasia dell’uomo che se la compra? Non penso proprio all’impossibile aumento del piacere fisico, quanto piuttosto al bisogno di soddisfare la nostalgia arcaica del predatore. Ed è questo che vuole quella fanciulla in fiore? Meglio allora vendere l’anima al diavolo, che paga di più e ha più potere. ,Annamaria Bernardini de Pace