Il codice civile prevede che, quando il genitore è in stato di bisogno, e cioè non è in grado, da solo, anche perché anziano oppure malato, di procurarsi i mezzi fondamentali per vivere (cibo, vestiti, casa, medicine), i figli hanno il dovere di aiutarlo, versando i c.d. alimenti. Gli alimenti possono consistere sia nel pagamento di un assegno periodico con il quale il bisognoso può comprarsi, da solo, ciò che gli occorre per vivere, sia nel mettergli a disposizione una casa. In particolare, perché vi sia questo dovere e i figli siano tenuti, per legge, a intervenire, è necessario – oltre allo stato di bisogno – che il coniuge del bisognoso non sia in grado da solo di far fronte alle esigenze dell’altro, oppure che non ci sia più. I figli, inoltre, devono averne in concreto la possibilità, e cioè mezzi economici che consentano loro sia di versare gli alimenti, sia di provvedere al mantenimento proprio e della propria famiglia, posto che l’aiuto al genitore in difficoltà non può pregiudicare le esigenze di vita del figlio e del suo nuovo nucleo familiare. Se, quindi, ricorre lo stato di bisogno del genitore e il figlio può materialmente aiutarlo, allora gli alimenti possono essere legittimamente chiesti e vanno calcolati proporzionando il bisogno del genitore alle possibilità economiche del figlio.