A quattro mesi dall’introduzione della legge sull’affido condiviso, i dati dei Tribunali, per quanto disomogenei e frammentati, evidenziano che: a) l’affido condiviso prende piede nel centro Nord, laddove era già diffuso l’affido congiunto; b) pochi genitori, separati o divorziati prima del 16 marzo 2006, hanno chiesto di modificare i provvedimenti in vigore e di applicare l’affido condiviso. Forse è troppo presto per dare un giudizio valido sulla comprensione del nuovo istituto; forse gli avvocati convincono i clienti a soluzioni mediate nell’attesa di più confortanti certezze. Non è invece presto per invocare un intervento legislativo di modifica della L. 54/06 che stabilisca regole valide in tutta Italia, cosicché, a differenza di quanto accade oggi, separarsi a Milano equivalga a separarsi a Trani, piuttosto che a Genova. E’ urgente dunque, un intervento che chiarisca i seguenti punti. 1. Secondo la L. 54/06 il condiviso dovrebbe essere escluso tutte le volte in cui appaia contrario all’interesse del minore. In questo concetto, è evidente, può rientrare tutto e il contrario di tutto. Alcuni Giudici, per esempio, prendono in considerazione l’affido esclusivo, solo in casi limite (violenze o patologie mentali), nella convinzione, mutuata dalla lettera della legge, che l’affido condiviso elimini ogni discussione tra i genitori; così credono di semplificarsi la decisione, senza rendersi conto che la pariteticità imposta a genitori inadeguati non elimina il conflitto, ma lo moltiplica e lo sposta nel tempo. Altri giudici, invece, escludono il condiviso ogni volta che tra i genitori c’è conflittualità, non riflettendo, però, sul fatto che, a volte, i litigi tra padri e madri in Tribunale sono artificiosi e strumentali proprio al fine di non fare applicare le nuove norme. 2. Alcuni giudici, con facile automatismo, revocano l’assegnazione della casa coniugale se l’assegnatario convive o si risposa. Altri invece, hanno già annunciato il ricorso alla Corte Costituzionale perché ritengono che la norma violi il principio di uguaglianza. 3. A Milano e Monza le coppie non sposate che decidono di porre fine alla loro convivenza, non hanno un Giudice cui rivolgersi. Il Tribunale per i Minorenni di Milano si è dichiarato incompetente a decidere, così come pure il Tribunale ordinario di Milano e quello di Monza. Per molti figli naturali è il Far West. Vige la legge del più forte. 4. Non è chiaro se i provvedimenti provvisori sull’affidamento, sull’assegno o sulla casa, siano tutti impugnabili oppure no e non è neppure chiaro, quale Giudice sia competente: Tribunale o Corte d’Appello ? 5. Si insiste nell’affidamento dei figli ai Servizi sociali, nonostante la L. 54/06 non preveda più questa possibilità; dunque, la tutela dei minori continua a essere comodamente delegata ad altri soggetti, il cui operato sfugge a ogni controllo e a ogni griglia normativa. 6. In presenza di figli maggiorenni, per alcuni giudici l’assegno di mantenimento deve essere versato direttamente al figlio, per altri al genitore che con esso convive. Per alcuni giudici è necessario citare in giudizio anche il neomaggiorenne, per altri no. La sensazione che si prova, a quattro mesi dall’introduzione dell’affido condiviso, è che “in principio era il caos”. C’è dunque bisogno di rimettere ordine, ma anche di prendere posizione. Tra la legge e la giustizia c’è un baratro di possibilità, pressappochismo, prepotenza e confusione. Davvero un’incongruenza per un paese che ama definirsi la culla del diritto.