Sono molto imbarazzata: devo navigare in un mare che nulla ha a che fare con quello del diritto che, secondo il grande giurista A.C. Iemolo, dovrebbe con delicatezza lambire il mondo dei sentimenti e della famiglia. Questo tsunami dei diritti dei conviventi è quanto di più lontano possa esserci dalla libertà dei sentimenti e dal diritto di famiglia. Il ddl sui “Dico”, con pignoleria inquietante, infatti, mercifica e monetizza qualsiasi rapporto d’amore, di solidarietà, di mutuo soccorso abbia a svolgersi sotto lo stesso tetto. Ma poi, in realtà, malgrado l’impeto delle onde e delle dichiarazioni d’intenti, si risolve in una sciacquata di mani. Art.1: Quando e a chi si applica la legge? O con contestuale dichiarazione all’anagrafe dei conviventi (etero, omo, parenti non in linea retta, amici) o con lettera raccomandata da un partner all’altro nella quale si comunica di aver reso all’anagrafe la dichiarazione unilaterale di convivenza. (…) Fatta la legge trovato l’inganno: Intanto nella prima ipotesi c’è una specie di matrimonio di serie B che il governo aveva detto di non volere; nella seconda c’è la possibilità di sottoporre ai “Dico” anche chi non lo vuole: cosa impedisce di spedire la raccomandata presso il domicilio comune quando l’altro è in vacanza e poi tenersi la prova a futura memoria? Di qui la necessità per i conviventi di un pellegrinaggio quindicinale agli uffici dell’anagrafe per evitare sicuri e non voluti obblighi alimentari e successori. A che cosa servirà questo disegno di legge se diventerà legge? A garantire le visite in ospedale (art.4) subordinabili però alla disciplina in proposito delle strutture sanitarie (ciò che già in parte avviene) nonché a riconoscere il diritto (già esistente nel nostro codice) di designare il convivente quale proprio rappresentante nelle decisioni relative alla propria salute, donazioni d’organi, funerali etc.. Suggeriti questi mortiferi lasciapassare, la legge ci racconta (art.7) che già ora Trento e Bolzano assegnano alloggi ai conviventi. E le altre Regioni e Province? Peraltro nel frattempo, giusta l’art. 6, e divenendo così la Bossi-Fini carta straccia, chiunque, maschio o femmina, potrà diventare prezioso tramite di permessi di soggiorno per convivenza, con maschi o femmine. Nascerà il mercato dei permessi di soggiorno per russi, tailandesi e cubani? Che, se poi l’italiano è un imprenditore, grazie all’art. 9, potranno chiedere la partecipazione agli utili dell’impresa di famiglia! Quello che invece interessava di più i conviventi, soprattutto omosessuali, cioè il trattamento previdenziale e pensionistico, con l’art. 10 viene rimbalzato al “riordino della normativa” relativa. Se poi la convivenza dura almeno nove anni e nel frattempo la parte più forte economicamente non ha agito per ripudio (sì, perché non è prevista nessuna forma di cessazione della convivenza, né nessuna forma in genere) il convivente sopravvissuto alla morte dell’altro acquista diritti successori. Ma, dico, c’era bisogno di un “Dico” perché al convivente venisse riconosciuta una quota dell’asse ereditario? Anche oggi, con la quota disponibile, il convivente (e senza che vi siano nove anni di certificata convivenza) può disporre del 25%, del 33% o persino di tutti i suoi beni ( a seconda del concorso ereditario con più o meno figli genitori e coniuge) a favore del suo partner mai sposato. È vero che se non c’è testamento, questo diritto non c’è. Però il sopravvissuto oggi ha già il diritto di succedere almeno nel contratto di locazione anche dopo una brevissima convivenza, senza attendere di provarne tre anni come previsto dall’art. 8 dell’ineffabile ddl. Quanto poi al riconoscimento dell’assegno di “separazione” (ambito da tutte le parti deboli) questa sontuosa ipotesi di legge, dopo il ripudio, prevede esclusivamente un obbligo alimentare, non di mantenimento del tenore di vita. Quindi un obbligo che sorge solo nel caso di autentico stato di bisogno del ripudiato, incapace di provvedere a sé stesso. Dimenticavo di sottolineare che la legge sulla convivenza non può applicarsi a chi è sposato se non dopo tre anni dall’udienza presidenziale di separazione e solo se munito di sentenza di divorzio: dunque chi aspira ai i diritti successori, e convive con un coniugato per quanto separato, deve aspettare in tal caso dodici anni. Insomma tanto rumore per nulla. Non sono risolti i problemi degli omosessuali, né quelli degli etero coinvolti in divorzi conflittuali. Le coppie di fatto hanno ottenuto solamente di essere, finora nei fatti, brutte copie. Chi beneficerà di queste norme, se mai la montagna partorirà l’annunciato topolino, saranno invece solo inps, camerieri e badanti: da oggi c’è infatti la corsa a contrattualizzare tutte le colf assunte in nero, se non altro per evitare visite in ospedale, decisioni in materia di donazione di organi e impensabili diritti successori. Per difendersi dai “Dico”, c’è solo il matrimonio: Articolo 13, c.6 “i diritti patrimoniali, successori o previdenziali e le agevolazioni previste cessano qualora uno dei conviventi contragga matrimonio”. Preferibilmente con un altro…