Bovio

Caro Corso, sto davvero tanto male, perché non ci sei più. Coraggioso e rassicurante com’eri. C’è anche il dolore di non avere capito che, forse, soffrivi a tal punto da volere una risposta diversa, questa volta. Tu sei stato per me, sempre, il saggio capace di dare l’unica risposta giusta. Un grande avvocato, il più grande. Sapiente, misurato, colto. Fin da piccolo, i nostri papà erano amici e dunque la nostra amicizia risale nel tempo, eri il migliore, il più intelligente, il più spiritoso, il più educato. Un modello, l’orgoglio della tua famiglia. Ricordo quando decidesti addirittura di sottoporti agli esami per diventare subito avvocato e poi Cassazionista, senza aspettare i tempi burocratici che allora erano necessari per il titolo di avvocato dopo quello di procuratore legale. In pochi anni, invece che aspettarne sedici, hai potuto avere l’onore di discutere in Corte. Eri riuscito brillantemente a sorprendere tutti. Non hai mai sbagliato. Hai avuto da subito la grande capacità di infondere fiducia e coraggio in qualsiasi tuo interlocutore. La tua infinita competenza giuridica si è espressa con eleganza, determinazione e raffinata ironia. Qualità diventate preziose e uniche negli anni e in un mondo sempre più forsennato e negligente. Tu, invece, sei stato un uomo d’onore. Mi piaceva molto chiacchierare con te, quando ne avevamo il tempo. Da ultimo ci sentivamo più spesso, perché tu eri il mio avvocato. Venerdì abbiamo commentato tante cose: l’assurdità dei tempi giudiziari, la follia di alcuni magistrati, la sciatteria o la rapacità di certi colleghi, l’inutilità a volte di continuare a credere agli ideali che lo studio del diritto ti fa penetrare nell’anima. La difficoltà di lavorare in un clima inutilmente combattivo, nel quale spesso si contende non per principi e valori, non per la verità e la giustizia, ma per il solo gusto di affossare l’avversario. Abbiamo riso, anche se sconcertati, dei nuovi inquietanti miti trash coltivati dal giornalismo. Come ogni volta eri attento e reattivo, spiritoso e assennato. La tua incredibile capacità di benevolenza ha saputo come al solito, ridimensionare ogni fatto negativo discusso, ogni persona non stimabile protagonista dei nostri discorsi. Nessuna tua parola mi ha potuto avvertire del grande disagio che ti stava avvolgendo. Se non una frase provocatoria, un po’ dolente, ma sempre illuminata dalla tua irrinunciabile ironia: “non abbiamo più l’età per continuare a credere nonostante tutto”.