Caso Mele

Non posso difendere un traditore. Proprio non ci riesco. Qualsiasi giustificazione, anche la più strategica, crolla con imbarazzo sul piano etico e perfino su quello razionale. Quando non esisteva il divorzio, l’infedeltà coniugale aveva forse un senso. Addirittura poteva essere considerata legittima difesa nella palude infernale di molti matrimoni claustrofobici. Ossigenare l’anima e il corpo nella frescura dei sentimenti e delle emozioni spariti dal talamo, costituiva a volte l’unica risorsa di chi aveva sbagliato o era stato ingannato. Comunque sia, il tradimento era pur sempre un grave attacco al decoro personale del coniuge, tanto da farlo sentire “legittimato” al delitto d’onore. Oggi l’adulterio, è vero, non è più un reato; tuttavia di delitti passionali suggeriti dalle corna ve ne sono ancora in abbondanza. E non tutti gli omicidi sono pazzi. Ma il dolore dell’infedeltà subita è tale da far perdere la testa fino al punto di voler uccidere. Su questo punto si sono mai soffermati a ragionare i traditori? Mi riferisco in particolare a quelli che, soprattutto d’estate, ma anche d’inverno, non si tirano indietro e affrontano l’occasione col massimo della spensieratezza. Parliamo degli uomini: perdono la trebisonda al solo vedere due seni esposti, si lasciano acchiappare da uno sguardo sperduto nel nulla, e poi con quattro o cinque sms ben assestati, è cosa fatta. Si buttano e buttano via tutto. Oggi il sesso è il privilegiato mezzo di comunicazione (dopo gli sms) tra uomini e donne, uomini e uomini, donne e donne. Se l’incontro, casuale o voluto che sia, non è glorificato dalla urgente sessualità, non ha nessuna ragione di esserci stato. La rinuncia equivale, per questa gente, all’impotenza, all’incapacità, allo spreco. Da qui la propagazione del tradimento e la sua sdrammatizzazione etica, sociale, personale. Parecchie mogli, ancora subiscono, accettano, fingono di non vedere, riacquistano i punti persi con sontuosi e frettolosi perdoni. Altre, o tradiscono prima o rendono pan per focaccia. Altre ancora, invece, si disfano nel dolore. Incredule che l’uomo eccezionale al quale si erano affidate, abbia potuto scendere al livello di mediocrità crudele di tutti gli altri. Più o meno le stesse reazioni hanno i mariti traditi che, tuttavia, ne sono consapevoli in numero di molto inferiore solo perché le femmine sono più accorte dei maschi nello spazzar via gli indizi del delitto. Il dolore c’è, naturalmente, grande e ingovernabile, solo se i sentimenti del tradito erano autentici e profondi fino a un attimo prima dell’affronto. E che persone sono mai quelle che, nella gerarchia delle situazioni vitali, mettono prima di tutto il prurito genitale, poi l’emozione della novità, quindi il loro egocentrismo, a seguire il denaro, il lavoro e gli hobbies, e poi, in fondo in fondo alla lista, il dolore del coniuge, il proprio onore, la parola data? Sono così presuntuosi, i traditori, che pensano di essere intelligenti e furbi, quando non valutano neppure che si giocano la famiglia per un tanga o un bicipite. Quella stessa famiglia dalla quale, separandosi per tempo se infelici, potrebbero uscire con dignità prima di disonorare la propria responsabilità e i propri dichiarati sentimenti. Quantomeno al dolore del distacco, non si aggiungerebbero disgusto e delusione per tutti. Ma tant’è. Quanti sono coloro che oggi preferiscono allenare i muscoli psichici del rispetto, della rinuncia, della volontà, anziché esibire, spesso solo per un’ora, i muscoli pelvici? In cambio, peraltro, della disistima perenne di chi avevano amato. Per almeno questi motivi, come ho detto, il traditore di per sé è indifendibile. Ma ce n’è uno che, per quanto da censurare, merita la grazia della solidarietà. Infatti, quando il governo italiano protegge dallo scandalo (e dalla moglie) chi è più vicino al Premier e, nonostante ciò, ha altre inquietanti curiosità, quando lo stesso Governo difende le esagerate pubbliche effusioni dei gay, se un banale traditore eterosessuale viene messo alla gogna, perché si comporta come l’80% degli uomini, ebbene bisogna dire che è discriminato. Dunque, politicamente, bisogna prenderne le parti. E poi lasciarlo al destino familiare che si è cercato. In una sera d’estate, convinto di farla franca. Come tanti, anche in questo momento…