Ci sono troppi ragazzi e pochi uomini

Qualcuno ha detto che al mondo ormai ci sono troppi ragazzi e pochi uomini. Qualche donna capirà amaramente che cosa ciò stia a significare. In Norvegia, peraltro, si sono già organizzati, i cosiddetti maschi, chiedendo a gran voce il ministero per la “pari opportunità maschile”. La pari dignità femminile, infatti, secondo loro, si è trasformata nello strapotere e ha fatto terra bruciata delle aspettative dell’uomo. Ma quale uomo? Mi sembra patetico chi pretende dallo Stato, uomo o donna che sia, quell’aiuto morale che da solo non è in grado di procurarsi. Un uomo autentico dovrebbe essere fiero di esprimersi al meglio proprio quando ha da confrontarsi con donne vere. Con donne cioè, che hanno conquistato per meriti la parità giuridica e sociale e sanno manifestare la forza della diversità con fervida energia. Invece parecchi uomini di oggi sono sorpresi, spaventati, persino invidiosi nel constatare che cosa le donne sono capaci di fare appena escono da casa ed entrano nell’agone sociale. Una trentina di anni fa le osservavano con benevola ironia e un certo distacco, si mostravano a volte generosi nel dispensare qualche consiglio di lavoro o di comportamento sociale, le accoglievano con garbata democrazia nel loro territorio professionale, le pagavano quel tanto da potersi qualificare sindacalmente corretti. Nel frattempo però, perdeva progressivamente punti il modello maschile tradizionale del capo prepotente e indiscusso. Era un fenomeno naturale e giusto, nella logica del processo evolutivo della pari dignità giuridica dei sessi. L’uomo avrebbe dovuto mettersi in discussione, cambiare consapevolmente lessico, comportamenti o obiettivi. Apprezzare l’energia nuova e differenziata che proveniva dalla sorgente femminile, creativa e ricca di fermenti. Anche molte donne, a onor del vero, hanno commesso gravi errori, appiattendosi sugli esempi maschili di potere meno edificanti, e caricandosi di aggressività inutili e controproducenti. E così è successo il pasticcio che ha segnato, nell’ultimo decennio almeno, il fallimento della coppia e la competizione di genere. Alcuni uomini hanno spostato l’aggressività dal territorio sociale all’interno della famiglia, cercando di riconquistare isole di potere fondate sulla violenza fisica o psicologica. Altri hanno rinunciato alla lotta mostrando apatia nel lavoro e indolenza negli affetti. Altri ancora si sono messi in gara col modello femminile, appropriandosi del sapere baliatico e, quindi, trasformandosi in mammi ansiosi. Altri, infine, sono regrediti all’accogliente, perché confusa, psiche adolescenziale e lì sono rimasti giocosi e insoddisfatti. Molte donne, a loro volta, oltre a scappare da questi mezzi uomini imbarazzanti e lamentosi, si sono impegnate nel cercare quelli veri. Non trovandone più, malgrado l’attenzione scrupolosa, hanno deciso di investire tutte le capacità nel sociale. E ci sono riuscite, non solo per meriti personali, ma anche per il deserto di volontà e capacità maschile che hanno trovato nei luoghi di lavoro. E ora gli uomini, a cominciare dalla Norvegia, vogliono essere aiutati a riprendersi le postazioni inopinatamente perdute. Che tristezza. E se è una donna che lo dice, cari uomini, ci dovete credere. La virilità dell’uomo è molto ferita. A questo punto è l’uomo che deve, da solo, saper reagire e riconquistare la sua salute psichica, che tanto piacerebbe a qualsiasi donna. Molto di più del successo e del potere. L’uomo di oggi deve reagire come un rude cowboy: stringersi il fazzoletto intorno al braccio insanguinato dal colpo di pistola, aiutandosi con l’altro braccio e con i denti, e poi ripartire al galoppo senza un lamento e sicuro di farcela. Con l’obiettivo di riscattare e salvaguardare i valori maschili, non i privilegi. La capacità di proteggere, la sensibilità, il senso dell’onore, il mantenere le promesse. Il coraggio. L’intelligenza nell’unire sesso e sentimenti. La predisposizione all’ascolto della differenza. L’autoironia. L’uomo, insomma, dovrebbe abbandonare la fanciullezza, smetterla di chiedere aiuto alla mamma e allo Stato baby sitter e partire alla sapiente conquista di se stesso. Se vorrà e se ce la farà, nessuna donna dovrà mai più dire “poveri uomini” e tantomeno “poveri vichinghi”.