Mors tua Vita mea

Non erano trascorse ventiquattr’ore dalla straziante morte della cugina, che le due gemelle avevamo già elaborato e attuato l’ambizioso progetto di apparizione mediatica. Tendenza Paris Hilton noir e stile Marilin Manson: tutto il macabro me lo gestisco io. La povera Chiara era una brava ragazza, orgoglio dei familiari e, probabilmente, modello pesante e forse non interessante da imitare per le cugine. Ma la sua orrenda fine, lungi dal destare la pietas delle spensierate ragazze, ha invece fornito loro l’occasione irripetibile di sbarcare finalmente sui giornali. Nel deserto di fotografie che le ritraessero tutte e tre insieme, le tecnologiche donzelle, senza perdere il tempo goloso della notizia, hanno raccattato in fretta e furia una propria foto e una della vittima e le hanno fatte assemblare con opportune tecniche di copia e incolla, così da avere un’immagine da offrire alla stampa. Vive e morta tutte e tre vestite di rosso e smaglianti. Il risultato del fotomontaggio è stato appeso al cancello della casa, scena del crimine, meta sicura di fotografi e giornalisti; le ragazze stesse si sono appostate in attesa dello scatto fatale, promessa di notorietà certa. Non prima però di essersi addobbate con occhialoni da diva e canottiera alla moda della California. Autosponsorizzatesi del macabro, hanno sbattuto il mostro in prima pagina. Anzi, le mostre, in quanto bisognose di mostrarsi per essere sicure di diventare famose. Tendenza reality; non ha importanza chi sei e che cosa sai fare, ma devi essere nel posto giusto al momento giusto e preparata al flash, per diventare qualcuno. Se poi la notizia è la morte, un assassinio feroce, una notte di sesso venduto, un ricatto studiato, una lite volgare di cui si è in qualche modo protagonisti, non c’è problema, né vergogna, anzi, meglio. Il vero degrado sta proprio nel fatto che la stampa coltiva con attenzione esasperata queste notizie che garantiscono l’audience. E le garrule gemelle erano consapevoli che tutti i Tg e i quotidiani avrebbero aperto per giorni e giorni con gli aggiornamenti del caso e divulgando l’unica fotografia disponibile: Il perverso e morboso, nonché maldestro fotomontaggio. La storia triste e ingiusta di una brava ragazza diventa così il pretesto per qualcuno di trarre vantaggio. Apparire in questo mondo e in qualsiasi modo, vuol dire diventare famosi e fare soldi. Ci si espone ai guardoni, che a loro volta sognano di essere guardati, e c’è sempre un’agente dietro l’angolo che sa spacciare la miseria umana a scapito di qualsiasi valore, virtù o decenza. Forse questa generazione non si rende conto della truculenza di tali aspirazioni e dei conseguenti comportamenti. Forse questi fatti inquietanti sono frutto di un’educazione imperfetta, che non da il senso né alla vita, né alla morte. Il circuito mediatico è diventato il paese dei balocchi che tutti desiderano senza neppure essere stati invitati da Lucignolo. Un paese dal quale è rigorosamente bandito ogni valore e ogni sentimento, perfino la paura di un possibile mangiafuoco, che, probabilmente, non può più esistere neppure nella fantasia, perché tutti sono diventati consapevoli burattini, appesi ai fili, biecamente comandati da un pagliaccio avido di facce e di figuracce. Chi è questo triste clown ? la stampa ? la “cultura” ? l’avidità del niente ? forse l’egocentrismo, che impone il protagonismo a spese di chiunque, perfino del morto. E’ un particolare trascurabile essere assassino, vedovo, prostituta o cugina. Si fa bingo, se c’è la notizia, stampata o teletrasmessa. Addirittura i necrologi, soprattutto quelli milanesi, costituiscono un’occasione ghiotta per chi vuole accreditare pubblicamente la propria conoscenza del morto famoso, spacciata per amicizia di sempre. Tanto i morti non parlano e non possono smentire. Invece del doloroso epitaffio in onore e in memoria di chi non c’è più, questi corvi sanno elaborare fantasiose agiografie di sé stessi, pur di vedere il proprio nome finalmente stampato e letto da molti. Chi muore giace e chi vive si rifà la faccia.