Prima o poi nel divorzio, e quasi subito se non ci sono figli, i coniugi si trovano a doversi spartire arredi e corredi della casa familiare. Ho imparato che è un momento a volte denso di sfumature drammatiche, da quando ho accettato di aiutare due amici a farlo. Ricordo ancora allibita l’ingresso in casa: i quasi ex, che pure dignitosamente avevano raggiunto l’accordo sul denaro e sulla divisione delle case di proprietà, mi avevano accolta muniti ciascuno di un misterioso dossier, una bilancia e una lente di ingrandimento. Ci vollero pochi minuti per capire che si erano dotati della lista dei rispettivi regali di nozze, delle fatture a loro nome, di un numero imprecisato di fotografie (in ordine cronologico per 15 anni), di expertises per quadri e argenti e di testimonianze scritte degli amici che negli anni avevano loro regalato qualcosa. La lente doveva evidenziare marchi e firme e la bilancia finì col servire, tante volte, per pesare gli argenti. L’obiettivo dei due futuri ex era stato individuato nel dividersi esattamente a metà qualsiasi cosa, per numero e valore economico. Sette ore di panico. E io fungevo da notaio per ratificare e verbalizzare la polemicissima ma corretta attribuzione. Dimezzati con puntiglio i servizi di piatti e di bicchieri, calcolati e parificati quadri per numero e valore, spezzettati i servizi di posate, ponderati per numeri e kili e numero i vari pezzi d’argento, discusso a lungo sugli elettrodomestici deteriorati dall’uso, conteggiati libri, dischi e imbarazzanti ammenicoli diversi, risolto un conflitto sul nascere relativo alle penne stilografiche, suggerita la ristampa di tutte le fotografie ( al 50% di costo a testa!), alla fine, morta di fame e di sete, mi sono trovata davanti all’armadio della biancheria. Lenzuola, tovaglie e tovagliette erano fortunatamente in numero pari, ma il mio occhio ormai allarmato si era reso conto all’istante che gli strofinacci da cucina erano 13. Con la forza della disperazione ne ho afferrato uno con due mani e, prima che qualcuno aprisse bocca, l’ho strappato appoggiando ordinatamente le due perfette metà su ciascun mucchietto da 6. Giustizia era fatta. Nel silenzio dei coniugi, ricco di stupore in parti uguali.