Un peccatore può essere un buon padre

“Gli affidereste i vostri ragazzi?” Certamente sì. Senza dubbi. Che Berlusconi sia stato un buon genitore, lo dimostra la reazione dei suoi figli. Lo documentano anche i fatti. I suoi figli sono sani, non si drogano, non buttano niente dai cavalcavia e onorano l’amore per la famiglia e il lavoro. Ma, soprattutto, studiano e si impegnano nel privato e nel sociale, pur potendone fare a meno: come, invece, tanti altri figli di ricchi imprenditori si sono ben guardati dal fare. Dunque, il tanto vituperato Berlusconi di sicuro non ha guastato i suoi figli, ma sembra anzi aver trasmesso loro la capacità di nutrire sentimenti e passioni, come documenta la replica solidale, affettuosa e indignata che i suoi figli hanno riservato all’improvvido e giudicante avversario politico. Inoltre, lui, nell’obiettivo di crescere i figli sani e di educarli correttamente, un giorno ha saputo scegliere con lungimiranza le compagne che sarebbero poi diventate le loro madri. In questo come in altri casi, la competenza genitoriale è un fatto personale e relazionale, che non può e non deve essere valutato sulla base di pregiudizi retorici legati al lavoro, all’orientamento politico o sessuale e ai comportamenti extradomestici. Pensiero condiviso da giudici e psicologi che ogni giorno si trovano a dover decidere sull’affidamento dei figli a genitori in genere in conflitto tra loro. E’ consuetudine, infatti, che molte madri chiedano la riduzione delle visite del padre ai figli, perché “reo” di frequentare prostitute, travestiti e bische, oppure colpevole di essere andato a convivere con una nuova compagna, in genere, a volte non a torto, definita “zoccola” dalle mogli stesse. Ma altrettanto fanno i padri, nell’obiettivo di privare i figli della loro madre, perché accusata di tradimento, di carrierismo o di vita un po’ troppo spensierata. Sistematicamente, salvo rarissime e macroscopiche eccezioni, l’esame approfondito di psicologi, pediatri, psicopedagoghi porta alla conclusione dell’assoluta distinzione tra vita familiare e vita pubblica. Basti ricordare l’esempio di Cicciolina, ritenuta e confermata madre idonea e affidabile, malgrado le plurime aggressioni dell’ex marito che strumentalizzava la sua immagine di porno star. Che, appunto, si riduceva alla sola immagine lavorativa ma che, nei fatti, non ha mai inciso sulla sua responsabilità e affettività materna: la donna, infatti, ha ottenuto l’affidamento esclusivo del figlio nei tre gradi di giudizio. Viceversa, è storia di tutti i giorni che famiglie, apparentemente “normali”, ineccepibili e anzi additate pubblicamente a modello, rivelino dall’intimo racconti traumatici di violenza e sopraffazione sessuale anche verso i figli. Il rapporto tra genitori e figli, quando esiste, perché in verità è più assente di quello che si creda, c’è ed è positivo se contrassegnato dal rispetto reciproco, dalla ricchezza del lessico affettivo, dalla capacità di comprendere le rispettive differenze e dai risultati obiettivamente condivisibili che l’evoluzione della vita dei figli stessi è in grado di testimoniare. Secondo le sentenze più recenti, anche un genitore che si scopra omosessuale, è idoneo all’affidamento del figlio se dimostri di sapersi occupare di lui, di comprenderne i bisogni emotivi e affettivi e di saper tutelare la figura dell’altro genitore. Ciò a dispetto del diffuso pregiudizio per cui un gay non può essere un bravo genitore e della conseguente vasta opinione per la quale l’adozione non dovrebbe essere consentita ai gay. Che dire, peraltro, degli ex sessantottini che pur essendosi fatti portatori di principi e ideali altissimi hanno, poi, dimostrato totale incapacità genitoriale, allevando spesso figli frivoli, smidollati, scapestrati o amorali? Quindi, se è vero che le colpe dei padri non devono ricadere sui figli, è altrettanto vero che il genitore virtuoso non è quello che predica i valori, bensì colui che dimostra di averli trasmessi, potendo essere orgoglioso di figli che non sono suoi cloni ma persone libere e autonome, col senso della dignità e del dovere, capaci anche di rispetto, gratitudine e solidarietà. Bisogna, infine, ricordare ai predicatori dell’ultima ora che quando i genitori fanno troppo i genitori in senso tecnico, i figli finiscono con l’essere incapaci di vivere e agire da soli. I figli fortunati sono, invece, quelli cresciuti in un territorio familiare nel quale ciascun ruolo è funzionale, delimitato, rispettoso degli altri ruoli e il denominatore comune è rappresentato dall’intensa e rigogliosa affettività. ,Annamaria Bernardini de Pace