La dignità delle donne che la sinistra non vede

Che il premier sia un maschilista, non è una novità e del resto rappresenta bene la maggior parte degli italiani. Anche per questo. Di qui a rendere martire Rosy Bindi, ce ne passa, però. Una donna capace, che non ha fatto della bellezza la sua forza, è stata così intelligente da non reagire, al momento, alla pessima battuta di Berlusconi, peraltro mutuata da Sgarbi, un altro noto maschilista. Non escludo che l’onorevole abbia pensato, lì per lì, da brava toscana, cose del genere «ognuno si guardi la sua gobba» oppure «il bue ha detto cornuto all’asino» e se lo ha pensato, ha fatto bene. Sarebbe finito in quel momento, se la solita sinistra, a suo dire colta e politicamente corretta, non avesse fatto lievitare il meschino incidente, fino a farlo diventare una torta acida e indigeribile. Per la sinistra, però. Non per Silvio che, da elegante misogino, considera queste diatribe tempo perso per «donnette». Che lo siano o no. Fatto sta che l’ineffabile, e puntualmente misericordiosa, Concita, ha pensato addirittura di creare un movimento solidaristico a sostegno di Rosy Bindi (che, ripeto, secondo me, preferirebbe farne a meno) con tanto di cartolina e di mascotte che declama «Non sono a sua disposizione». Ebbene, non c’è niente di più imbarazzante e meno dignitoso che dire «non te la do» (traduzione in politichese scorretto del non essere a disposizione) quando nessuno te la chiede. E soprattutto quando, proprio Quello lì, non vorrebbe precisamente quella cosa che tu vorresti offrirgli se mai lui la volesse. Questa è la solidarietà pelosa delle donne di sinistra per una valente politica, già di per sé dotata di autonomia e dignità personali significative, che non ha bisogno del loro garrulo e stonato coro e, pertanto, diviene strumento inconsapevole dell’ennesima campagna contro. Una campagna apparentemente vincente, giacché l’indignazione per una frase sgradevolissima ha il solo pregio di essere ovvia. Ma tuttavia perdente, non avendo Concita mirato all’obiettivo giusto. Infatti la solidarietà che lei elargisce, a volte è presbite e a volte è miope; e decide di lanciarla proprio nel momento in cui, con femminile vezzo, si toglie gli occhiali, così perdendo la mira e l’obiettivo, tanto che le generose frecce le si ritorcono contro, tipo boomerang. Al tempo della vicenda Boffo, perduta di vista la molestata, ha solidarizzato col persecutore. Ad Annozero ha invocato la solidarietà femminile e si è stizzita del silenzio delle donne in generale, prendendo la difesa di una prostituta dichiarata e strategicamente diversificatasi in avventure programmate ai confini del codice penale. Pur di dar contro al Cavaliere, le si è conficcata così la spada nella roccia del suo visus circoscritto, oltre il quale, giustamente, tutte le donne mantenevano il rigoroso e dignitoso silenzio sulla vergogna di essere donna in quel modo. Oggi chiama a raccolta le algide e segaligne signore radical chic per far dichiarare loro a gran voce che non sono a disposizione del maschio retrivo. Ma chi le vuole? E perché loro, che sono cosi diverse, dovrebbero spargere una solidarietà calorosa fino a rendere felice e soddisfatta Rosy Bindy? Siamo tutte d’accordo, da destra a sinistra, e pure nel territorio anarchico da me abitato, che quella frase del premier è stata insopportabile, ma quante ne sentiamo, ciascuna di noi, ogni giorno? Quanta solidarietà abbiamo chiesto e quanta ne abbiamo ricevuta? Chi ha dignità, e la Bindi ce l’ha, sa fare da sola. Come hanno fatto le Carfagna, le Gelmini, le Prestigiacomo attaccate da donne – e non da maschilisti riconosciuti – ancor prima che si misurassero sul campo e in termini ampiamente più biechi. Chi meriterebbe la solidarietà delle donne di ogni colore è, per esempio, Marina Berlusconi. Figlia di un padre ultrastrumentalizzato dalle donne, ultradiscusso e ultrainguaiato: lei ne soffre certamente da figlia, ma ha gravi responsabilità per un’azienda con 20mila dipendenti – anche molte donne – che proprio la sinistra vuole mettere in ginocchio. Forse alcuni pensano che chi è ricco non meriti solidarietà; ma quegli alcuni non si soffermano a pensare che la vergogna, l’imbarazzo, il dolore, l’ansia non sono politicamente schierati. E infatti Concita non ha espresso solidarietà alla, pur donna, figlia del suo nemico preferito. Se lo avesse fatto avremmo potuto dire di Concita, come dice il Devoto Oli per definire il termine solidarietà, che lei ha, sì, «la coscienza viva e operante di partecipare ai vincoli di una comunità, condividendone le necessità»; giacché Concita, rispondendo a sentimenti e idee elevate, avrebbe espresso una lodevole iniziativa di sostegno morale a un’imprenditrice e a tutte le sue dipendenti. Peccato che non lo abbia fatto: così rimarrà ai posteri, ma intanto farà riflettere i contemporanei, solo la solidarietà pelosa di Concita, cioè forse ispirata da piccoli interessi politici. E infatti, Concita ha detto che non vuole essere a disposizione di Silvio. Ma nemmeno di Marina, per quanto donna mal trattata?