Si chiamano escort, ma sono puttane. Prostitute. Cioè donne che “concedono ad altri, per denaro o per qualsiasi interesse materiale, ciò che secondo i principi morali di una società, non può essere oggetto di lucro” (Zingarelli 2010). Sorvoliamo sul termine concedere, utilizzato dal poetico compilatore del dizionario, laddove sarebbe stato più realistico usare un sinonimo tipo “elargire” o “dispensare” o, meglio ancora, semplicemente “dare”. Se poi andiamo a vedere la definizione di puttana, leggiamo: “dal latino “putido” puzzolente, sporco”, termine volgare per definire la prostituta; peraltro sinonimo di sgualdrina, cioè “persona di scarsi principi morali, disposta a ogni compromesso per il proprio tornaconto”. Alla voce escort troviamo: “persona retribuita per accompagnare qualcuno nei viaggi od occasioni mondane”, ma pure “chi, in tale ruolo, è anche disponibile a prestazioni sessuali”. Si è così chiuso il cerchio: il week end rimane sempre il fine settimana. In qualsiasi lingua lo si voglia trascorrere. E con chi. E la escort, a conti fatti, è una prostituta. In questa Italia politicamente corretta, nella quale i ciechi sono i non vedenti, gli handicappati hanno la speranza di essere diversamente abili, il prossimo licenziamento diventa pressappoco “lo scivolo con incentivo all’esodo”, c’è però un’insopportabile discriminazione politica e sociale a danno delle puttane e a favore delle escort. Quelle vilipese, sulla strada; queste, ricercate nei luoghi di potere. Eppure sono la stessa identica cosa. Vendono il corpo e ne ricavano un prezzo. Sia la puttana sia la escort hanno concentrato nella medesima parte del loro corpo la sorgente esclusiva del loro lucro. Andare a puttane, oltre a significare figurativamente il fallimento di qualcosa (e secondo me anche, realisticamente, il fallimento della dignità e dei sentimenti maschili) indica ormai soltanto l’attività godereccia dei goliardi e dei maschi a basso redditi. I ricchi e i potenti, invece, ordinano una escort. Magari su google, che dà come risultato della ricerca 34.500.000 voci, contro le 606.000 di puttana e le 2.720.000 di prostituta. Il fatto è che tutte sono lavoratrici del sesso, con la sola distinzione che, mentre le puttane sono schiave di un sistema criminale che mercifica il loro corpo, le escort scelgono autonomamente di venderlo per solo proprio interesse, senza pagare royalties a chicchessia. Ma in entrambi i casi le donne in questione, pur diversamente definite, si prostituiscono. Le une, però, hanno bisogno di un protettore che le difenda nei luoghi malfamati che devono frequentare. Le altre scelgono i luoghi di potere, per affamare ricchi uomini incapaci di proteggere persino se stessi. Si è creata così una nuova fascia pubblica, quasi una casta, economicamente e socialmente alta, di imprenditrici autonome, a tariffario libero, visibili e più che ben accette nei circoli di potere. Manager di se stesse, che guadagnano oltre il milione di euro l’anno, non pagano imposte e neppure l’iva, malgrado rendano servizi al pubblico. Sconosciute dunque, ingiustamente, all’Agenzia delle Entrate. Ma avidamente pronte ad apparire in TV, a scrivere libri e memoriali, a dimenticare l’etica della professione cosiddetta più antica del mondo. Tradiscono la loro dignità, non solo smerciando ed esportando dovunque il corpo, ma anche raccontando dove e come e con chi sono avvenute le spietate transazioni. E i fragili uomini ricchi e potenti, passano così dalle loro costosissime braccia (si fa per dire…) alle pagine dei giornali, ormai senza soluzione di continuità. E’ la legge del sesso, che sta ormai trascinando nel piacere egoistico ed estemporaneo ogni valore e ogni sentimento, che dovrebbero invece definire l’identità di ciascuno di noi. Ma anche ogni prudenza, persino ogni vergogna. E non mi si dica che sdoganare le prostitute, fino a farle diventare escort onnipresenti e onnipotenti, ricercate star del gossip, sia l’affermazione della verità contro ogni ipocrisia. E’ vero piuttosto che non prendere posizione critica verso questa debolezza, antica, degli uomini, e verso questa nuova spudorata forza strumentale delle donne, significa deteriorare ulteriormente il senso e il valore della società civile e delle persone serie che la costituiscono. Bisogna resettare, cioè rimettere al suo posto, chi è andato fuori dagli schemi, ma anche chi ha provocato la confusione di meriti e di valori. Forse è meglio essere politicamente scorretti e chiamare puttane le puttane, senza edulcoranti etichette anglofile. Non basta il nome a rendere lecito ciò che illecito resta. In nome della legge.