Lasciate che i settantenni si godano la vita

Tempo fa è venuto al mio studio un gentile signore di ottantadue anni. Voleva che lo aiutassi a scrivere un testamento col quale lasciare suoi eredi i tre nipoti e i due pronipoti, anziché le due figlie. Era vedovo da dieci anni e mi raccontava di essere letteralmente perseguitato dalle figlie e dai generi perché, dopo un periodo di lutto strettissimo e una grave depressione insorta per la dolorosa perdita dell’amatissima moglie, circa tre anni prima si era innamorato di una donna più giovane. Con lei aveva ricominciato a vivere. Le figlie la definivano «cacciatrice di eredità»; non avevano mai accettato di incontrarla; minacciavano di escluderlo dalla famiglia, se mai l’avesse sposata o solo portata nelle case dove era vissuta la madre. I generi pretendevano di controllargli spese e conti bancari; gli sottoponevano investimenti del suo denaro a lunghissimo termine; lo costringevano a interrogatori penosi sulla destinazione dei suoi viaggi e delle sue vacanze. Quel signore, pur avendo un patrimonio di oltre 20 milioni di euro, era arrabbiato, mortificato e schiacciato dal senso di colpa, perché convinto che quanto andava spendendo in quegli anni, finalmente di nuovo gioiosi, fosse a danno delle figlie. Che, cioè, loro avessero ragione in quanto lui stava sperperando i diritti ereditari delle due donne. Ma, tuttavia, non accettava l’ostracismo ingiusto alla sua «fidanzata»; che aveva invece il merito di avergli reso la vita ancora vivibile; di essere una seria e religiosa signora di cinquantacinque anni; di avergli insegnato a giocare a scacchi e a bridge, a mangiare sano e a smettere di fumare. Con lei organizzava due o tre crociere all’anno e ogni tanto frequentavano insieme le beauty farm. Quel signore non voleva credere alle sue orecchie mentre gli spiegavo che non esiste il diritto dei figli a ereditare, quando il genitore è ancora in vita; i diritti sorgono invece solo dopo la morte, e solo su quello che resta del patrimonio del defunto. Dunque, egli poteva anche spendere e persino sperperare tutto ciò che possedeva; nel caso, probabile, che non ci fosse riuscito, una quota del residuo poteva essere destinata per testamento alla nuova compagna di vita, nel rispetto della porzione per legge riservata, post mortem, alle figlie. Non solo: egli avrebbe potuto anche conteggiare, come anticipo di eredità, le case, le somme liquide e le opere d’arte che, per milioni di euro, le figlie avevano preteso da lui in regalo negli anni. In sostanza, gli avevo chiarito che le cacciatrici di eredità erano proprio le figlie, che lo avrebbero preferito in solitudine, in attesa della morte, possibilmente prossima, per godersi loro il frutto dei sacrifici, delle fatiche e del dolore del padre: ora emotivamente sequestrato e ricattato con la minaccia di perdere l’affetto dei nipoti. Questo equivoco, frutto di ignoranza nel migliore dei casi, che fa credere a molti figli di avere diritti economici e patrimoniali a danno dei propri genitori, senza limiti e per sempre, è la ragione dell’infelicità di molte famiglie, di conflitti spesso sotterranei che ammorbano le relazioni affettive, di ingiustizie autentiche, di comportamenti ipocriti e fintamente protettivi. I genitori hanno, invece, doveri economici verso i figli solo ed esclusivamente fino al raggiungimento della loro autonomia economica, e sempre che i figli non abbiano colpe specifiche nel non volerla acquisire. Dopodiché i genitori sono liberissimi di godersi i risparmi come meglio preferiscono, senza obbligo di rendiconto a favore di nessun figlio. Certo, ci sono genitori anziani e ricchi psicologicamente più fragili, ci sono quelli affetti da demenza senile, Alzheimer o altro. Dunque un po’ di attenzione è doveroso averla. Le truffe e le circonvenzioni di incapaci, peraltro, sono sempre possibili (anche a danno di un trentenne e non necessariamente di un ottantenne). Tuttavia è davvero mortificante per un anziano genitore subire controlli, pedinamenti e spionaggio, dai figli adulti, solo per vedere dove va a finire il denaro sul quale i figli stessi hanno già fatto i conti. L’affetto e il rispetto, ma anche la generosità e la solidarietà, imporrebbero ai figli di dare, in linea di principio, fiducia ai genitori; di essere lieti che la vecchiaia sia adorna di risate, sorrisi e nuove curiosità, anziché della triste e ansiosa attesa della morte. O della umiliazione di subire a settanta/ottant’anni un processo giudiziario – come sta succedendo a Jean-Paul Belmondo o a Liliane Bettencourt – solo perché vengono gratificati di tanto denaro una giovane donna e un giovane uomo: che, in un modo o nell’altro, riempiono di passioni e di allegria i vuoti, lasciati attorno ai genitori, evidentemente dai propri figli. Ma quand’anche emergesse che questi anziani signori sono un po’ presi in giro dai loro giovani compagni, che cosa ci sarebbe di tragico? Di più tragico di una buia e scontata aspettativa della fine? Credo che gli anziani sappiano quasi sempre come stiano le cose; ma sono altrettanto convinta che non sarebbero più sereni se i soldi rimanessero in banca, anziché nelle tasche dei loro giovani, e persino truffaldini, intrattenitori. Vuoi mettere la differenza, quando sei vecchio e un po’ tanto acciaccato, tra lo svegliarti da solo nel silenzio e senza un programma, e il sentire invece la voce e il calore di chi, pur se per interesse, ha investito se stesso nell’accendere i tuoi ultimi anni? Anche senza amore, può bastarti il tuo piacere. Costi quel che costi.