Violenza domestica, i figli crescono nel dramma ingestibile della violenza assistita

Di Annamaria Bernardini de Pace

La violenza bisogna riconoscerla all’istante e avere la forza di liberarsene immediatamente. Se non lo si fa, si disonora se stessi e la propria dignità ogni giorno. La violenza si presenta in tante forme: insulto, maltrattamento, molestia, crudeltà mentale, violenza fisica, violenza sessuale. Violenza domestica. Parliamo di questa, che devasta le famiglie e che si esprime con schiaffi, pugni, calci, strappate di capelli, spintonamenti, ma anche con la sopraffazione psicologica, la prepotenza, la denigrazione, il controllo esasperato, la crudeltà.

Cicatrici fisiche e dell’anima. Coppie invischiate nell’esasperato gioco del carnefice e della vittima, che non riescono a districarsi, perché la vittima ha paura. Non solo della violenza, ma anche di restare sola. E, spesso, figli che crescono nel dramma ingestibile della violenza assistita. Bambini che da adolescenti sono assuefatti alla violenza dei loro genitori perché ogni giorno hanno assorbito gocce o fiumi di cattiveria, senza sapere né difendersi, né difendere il genitore vittima. Mogli che si sentono in colpa pensano di meritare le botte o il disprezzo e sono comunque paralizzate nella forza cattiva del marito. Mariti che accettano la relazione malvagia con la moglie insidiosa e perfida, perché privi di autostima e forse sadomasochisti.

E’ difficile denunciare questa violenza, anche perché, mentre all’interno della coppia l’aguzzino piega la vittima ai propri scopi, picchiandola o svalutandola, la vittima si smarrisce e confonde le proprie emozioni apparendo all’esterno isterica o incapace, le persone al di fuori della coppia (anche, addirittura, i figli) tendono a schierarsi con l’aggressore: questi, infatti, razionalmente dà sempre una versione più credibile dei fatti, mentre la vittima manipolata e impaurita non è credibile. Questo, è ciò che vedremmo se fossimo dei droni e ci appoggiassimo a tutte le finestre del nostro paese.

Vedremmo tantissime di queste storie, molte di più di quelle che conosciamo o leggiamo sui giornali; rimarremmo allibiti nel constatare come le vittime accettano qualsiasi cosa in camera da letto, in soggiorno, in cucina e persino nel bagno, e come, invece, all’esterno facciano di tutto per nascondere e per conservare la crudeltà della relazione. Addirittura, convincendosi che la coppia deve restareper i figli”. Figli che finiscono con l’essere non solo un’arma puntata contro se stessi, ma anche contro il persecutore, quando finalmente avrà capito di poter scappare dalla violenza. E nel frattempo, il danno è stato fatto. I figli della violenza diventano a loro volta soggetti violenti nell’affermazione della ben nota catena psicogenetica della violenza.

Spesso, la storia di droga di un adolescente è la risposta alla malsana relazione familiare. La dipendenza dalla violenza non eliminata prontamente diventa dipendenza dall’alcool o dalla droga. C’è anche la violenza dei genitori sui figli, con le cinghie, con le parole o con i silenzi. Con le punizioni. Col togliere. Col non dare. Ci sono genitori che non solo danno il cattivo esempio con i propri comportamenti ma addirittura maltrattano fisicamente e moralmente i loro figli, li usano come oggetti delle loro rabbie, frustrazioni, incapacità, li umiliano quotidianamente, non li ascoltano, li coinvolgono nel conflitto della coppia, li nutrono di odio e disprezzo verso l’altro genitore. Questi sciagurati genitori provocano nei figli un dolore fortissimo, impossibile da guarire.

Ecco, perché, per cercare di non sentirlo più, gli adolescenti imboccano la via della droga (bianca come il latte materno) o del cibo che li farà diventare obesi perché affamati di affetto, o ancora, adolescenti che si uccidono. Il seme della violenza può produrre infinite varietà di dolore. E non si può trascurare di parlare anche degli abusi sessuali che molti bambini subiscono nell’apparente protezione del tepore domestico. Le braccia e le dovrebbero proteggere i bambini, diventano strumenti di devastazione morbosa, che uccide fin dall’origine la capacità affettiva di questi bimbi, che diventeranno persone invischiate nella vergogna e nel senso di colpa.